Cosa può produrre un vuoto esistenziale ( anche) forzato nelle vite quotidiane di uomini, donne, giovani e meno giovani? L'insieme di situazioni che potrebbero regolare forme di ( in)esistenza quotidiane sono pressoché infinite, per una lunghissima serie di cause e ragioni.
Interne ed esterne all'esistenza di quanti cercano di fare del proprio meglio per ( soprav)vivere.
Cosa può accadere ad un essere umano quando i giorni si trascinano?
Cosa potrebbe succedere ad un essere umano quando le proprie specifiche esistenziali siano annullate od azzerate per cause ovviamente non volute?
Le situazioni possibili non si sprecano, in un universo che vede una valanga di problemi umani per una lunghissima serie di cause: disoccupazione, alienamenti sociali, devianze, tragicità territoriali e moltissime altre possibili ragioni. Cosa finisce per provare chi è costretto a vivere realtà simili?
A questa domanda può rispondere una condizione di allenamento esistenziale quasi strutturale, difficile da descrivere a parole. E' su tale dimensione che possono articolarsi forme di desolazione, destrutturazione ed involuzione della società intera. Situazioni simili potrebbero forse essere descritte in alcune righe di una canzone tanto vera quanto tremendamente attuale.
Le stesse sono senza margine alcuno riportate nel seguito, dal celeberrimo componimento " Dio è morto" del cantante Francesco Guccini:
"[...] Ho visto/ la gente della mia età andare via/ lungo le strade che non portano mai a niente,/ cercare il sogno che conduce alla pazzia/ nella ricerca di qualcosa che non trovano/ nel mondo che hanno già [...] lungo alle nuvole di fumo del mondo fatto di città,/ essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà [...]"
E' in queste righe che può nascondersi la stasi quotidiana di chi insegue prospettive di vita invisibili, di quanti si adoperano per sfuggire a situazioni difficoltose senza però riuscire ad evaderne pienamente con adeguate consapevolezze.
Nella morte dell'elemento divino, citato nella canzone, possono risiedere la liquefazione della società, l'annullamento dell'essere umano o la crisi di qualsiasi valore etico possibile.
E' su queste strade che possono consumarsi quotidiane forme di indifferenza, pacatamente lontane dal clamore quotidiano di una società che non sembra lasciare visibilità alcuna ad un'infinità di casi tremendamente complicati e silenziati.
Su questi scenari di quotidiano trascinamento e giornaliera indolenza si muove l'ultimo libro di Michele Serra, dal titolo " Ognuno potrebbe" e pubblicato da Feltrinelli.
Il contenuto della trama si articola seguendo una serie di situazioni che fanno da sfondo ad un'esistenza precaria, instabile, svincolata dall'incedere del tempo e dallo scorrere inarrestabile di un vuoto da colmare in qualche modo. Le specifiche narrative sono definite seguendo criteri citati dallo stesso autore in copertina, cercando di dare un contenuto ad una vita immersa nel vuoto:
"[...] Perché la parola 'io' è diventata un'ossessione? Perché fare spettacolo di ogni istante del proprio vivacchiare? Giulio non lo sopporta, e soprattutto non lo capisce.
Si sente fuori posto e fuori tempo. Ma di questa sua estraneità non si compiace: sospetta di essere un 'rompiballe stabile', come lo definisce la fidanzata Agnese.
In un'imprecisata pianura che fu industriale e non è quasi più niente, Giulio si aggira in attesa che qualcosa accada. Per esempio che qualcuno gli spieghi a cosa servono [...] le rotonde stradali; o che qualcuno compri il capannone di suo padre, che fu un grande ebanista.
Una bottega un tempo florida e adesso silenziosa e immobile, come un grande orologio fermo. [...]"
L'incedere di queste situazioni concorre al definire giornate sempre uguali, stanche ma anche lancinanti. Lancinanti nel soffocamento delle istanze di cambiamento e di rinnovamento, lancinanti nell'assenza di progresso e sostenibilità delle proprie esistenze.
Può essere su questi fronti che si declinano le riflessioni sconsolate ed amare del protagonista:
"[...] Scritto quasi solo al presente, come se passato e futuro fossero temporaneamente sospesi, 'Ognuno potrebbe' è il rimuginare sconsolato e comico di un vero e proprio eroe dell'insofferenza.
Un viaggio senza partenza e senza arrivo che tocca molte delle stazioni di una società in piena crisi.
Nella quale la morte del lavoro e della sua potenza materiale ha lasciato una voragine che il narcisismo digitale non basta a riempire. [...]"
Si tratta quindi di leggere fra le righe di una vita in perenne divenire, di un'esistenza che non riesce a concretizzare molte delle proprie volontà. Essenza che resta in potenza senza divenire atto, vita impossibilitata al migliorarsi ed al compiere rivoluzioni sia interiori che esteriori.
I contenuti di una vita normale e normalmente svuotata, in perenne controtendenza rispetto all'overdose della parola " io"sopra citata, sono riassunte dalle poche parole esposte in ultima pagina della copertina della medesima opera:
" Mi sono perso a pochi chilometri da casa, lungo le strade che percorro da una vita."
A prescindere dall'architettura assegnata ad una trama sferzata dalle indolenze precedentemente definite, quanto sarà possibile sperare in una rivalsa delle quotidianità non solo riconducibili al Giulio della trama? Cosa potrebbero realizzare i molt( issim)i Giulio dissolti ed endemicamente diffusi nella società italiana ( e non solo), qualora dovessero prendere maggiore consapevolezza del proprio peso?
In condizioni passate ( od anche compassate?) dalla canzone precedentemente citata si sarebbero potute trovare parole fortissime e, purtroppo, forse altrettanto utopistiche:
"[...] penso/ che questa mia generazione è preparata/ a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,/ ad un futuro che ha già in mano,/ a una rivolta senza armi [...]"
L'attesa e l'indolenza quotidiana di generazioni intere potrebbero forse finire per gonfiare anche le corde inconsce di una società, forzando l'instaurarsi di cambiamenti in precedenza respinti, ignorati o non sufficientemente considerati:
"[...] Don't you know/ They're talkin' bout a revolution/ It sounds like a whisper/ Don't you know/ They're talkin' about a revolution [...] While they're standing in the welfare lines/ Crying at the doorsteps of those armies of salvation/ Wasting time in the unemployment lines/ Sitting around waiting for a promotion [...] Poor people gonna rise up/ And get their share/ Poor people gonna rise up/ And take what's theirs [...]" Fonte: Talkin'bout a revolution, T.Chapman
Da questi pilastri è davvero realistico affermare tanto imperativamente quanto genericamente che ' ognuno potrebbe', qualora davvero lo volesse? Ognuno potrebbe ambire a realizzarsi, ognuno potrebbe aumentare le proprie speranze verso qualcosa di migliore, ognuno potrebbe cercare differenti prospettive del proprio modo di essere. ' Ognuno potrebbe', forse, anche se in un'Italia sideralmente distante da quella presente e passata.

