Magazine Cinema
di Jan Ole Gerster (Germania, 2013)con Tom Schilling, Friederike Kempter, Marc Hosemann, Katharina Schuettlerdurata: 83 min.★★☆☆☆
Si dice che l'erba del vicino è sempre più verde, specialmente in Italia e specialmente in campo cinematografico. In questo caso l'erba in questione è quella tedesca: molte illustri e autorevoli testate nazionali si sono infatti sperticate di elogi per questo piccolo film tedesco, opera prima (nonchè tesi di laurea) del giovane regista Jan Ole Gerster e trionfatore a sorpresa ai Lola Awards, gli 'Oscar' teutonici. Ecco, io mi permetto di dire che se questo film lo avesse girato un regista italiano non solo lo avremmo preso a pesci in faccia (e, badate bene, giustamente!) ma ci saremmo anche lamentati (sempre giustamente) del provincialismo del nostro cinema. E invece quasi gli ineffabili recensori dello stivale hanno addirittura scomodato Truffaut e la Nouvelle Vague (!) De gustibus, per carità.Ma vediamo in cosa consiste questo Oh Boy, filmino di 83 minuti (titoli di testa e coda compresi) così etereo da risultare quasi evanescente. Allora: Niko è uno studentello fuori corso che spende non si sa come i mille euro al mese che gli manda il padre per studiare. Lui ovviamente non studia e non lavora, concedendosi però ogni tanto (diciamo spesso, per eufemismo) un bicchierino di wodka al pub. La sfortuna però vuole che prima che la polizia lo becchi sbronzo in auto e gli revochi la patente (succede) e poi, cosa ben più grave, che il padre benestante, ovviamente assente ma nient'affatto scemo, si accorga che il suo pargolo da oltre due anni non dà più un esame. E ovviamente s'incazza di brutto. Al povero Niko a questo punto non resta che vagare disperato per una Berlino dipinta (chissà perchè...) in bianco e nero, rimuginando su quanto è grama la vita di uno studentello debosciato.
Oh Boy è un film di un'ingenuità disarmante. Oltre che di una povertà di scrittura ai limiti di un tema scolastico. L'idea del road-movie cittadino è il banale espediente di una sceneggiatura che non sa dove parare e sfrutta l'idea del viaggio per unire storie assolutamente scollegate tra loro e, lo ripeto, quasi imbarazzanti nella loro ovvietà. Malgrado la brevissima durata il film si avvita subito su se stesso e finisce per lo stancare lo spettatore, che indovina immediatamente tutto quello che sta per succedere. Vorrebbe (forse) rifare il verso a Sofia Coppola, mostrandoci lo spleen quotidiano di un giovanotto figlio di papà che non ne vuol sapere di diventare grande... in realtà è solo una stanca e pretestuosa operazioncina scolastica (perlappunto) buona magari per superare l'esame. Ma vedere in questo film una nuova Nouvelle Vague è, permettetemi, assolutamente assurdo!
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