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Dalla penna dell’israiliana Anat Gov alla regia di Nicola Pistoia per arrivare a noi attraverso Viviana Toniolo, Vittorio Viviani e Roberto Albin. Uno spettacolo che ha girato l’Italia, una tourneè che gli italiani hanno potuto apprezzare e che s’è conclusa a Caserta il 15 febbraio scorso presso il Teatro don Bosco. Viviana in scena è una vera forza della natura, la commistione delle emozioni in un solo corpo hanno consentito di sentire l’uomo intero in un corpo di donna leggero e fortissimo. L’altro protagonista dello spettacolo è un Vittorio Viviani certosino e maniacale nel non cedere al guizzo potente di cavalcare l’onda della onnipresenza in scena. Parliamo di due veri animali da palcoscenico, ma il testo mostrava il fianco per ovvie e facili contaminazioni egoiche, che invece sapientemente non sono state usate dai due performer. Quando davvero si sta in scena come hanno fatto loro, la scena non serve. Il resto perde davvero importanza, quando si ha la cura e si mette lo studio e se stessi al servizio dell’arte. Veniamo adesso al perché della storia al perché come causa ed effetto dell’intero testo , al principio al corpo e alla fine del discorso portato in scena da Pistoia. Lior, per noi Roberto Albin, che è stato l’aria respirata dall’autore, dal regista, dai protagonisti, per tutto il tempo. Dall’altro lato del palco, i comuni mortali hanno potuto sentire la complessità della mente insieme alla conoscenza tutta di Dio e dell’uomo in un solo fragile cuore, che conosce il peso del creato e lo comunica al mondo in un modo che non può essere tenuto nella fissità della convenzione . Come se Lior fosse lì insieme a loro tutto il tempo, in religioso silenzio, commentando con la sua anima in petto, la musica della sua viola. La consegna che ne fa al padreterno è molto più di un monologo d’autore perché dona lo spazio del silenzio che serve allo spettatore per considerare se stesso nei gesti apparentemente strambi di un autistico. Il linguaggio,simbolo dell’evoluzione umana, come si evolve questo sconosciuto in un mondo che lo sobilla? Come ti annullo il linguaggio , riconsegnandolo al mondo non vergato dalla lingua, ma consegnato nella dolcezza di un morbido e sincopato passo, che accarezza il terreno, che sfiora , come solcasse le onde di un mare che lo oscilla. Un incedere del capo che è sì tenero, da far leggere la conferma di un amore assoluto, per colei che non osa fino in fondo dichiararlo a se stessa, come fonte della sua fragilità concepita. Uno spettacolo corale fatto dai tre, come emblematica espressione della convivenza, in umana considerazione, della potenza creatrice di Dio.
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