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Olanda in bici, giorno 6: polder

Da Frmagni

CAMPAGNA ACQUATICA E così le mortali lezioni di geografia dedicate ai polder hanno finalmente assunto un significato. Ne attraversiamo uno fra Rotterdam e Gouda, un acquitrino disciplinato con tenacia e ostinazione.
Le case sorgono su zattere di terra circondate da canali pieni di ninfee, di una vegetazione minuta e galleggiante in forma di palline e di papere nane e giganti. Ogni casa ha una sua bellezza speciale e antica, qualcuna ha il tetto di paglia, ognuna ha un ponticello di accesso, un cancello e il giardino contenuto da una specie di zattera di legno. Fra casa e casa, campi di foraggio e allevamenti di animali. È una campagna acquatica unica nel suo genere. Non sappiamo immaginare la lotta perenne per tenere l’acqua nei canaletti e salvaguardare ogni frammento di terra. I giardini rivelano grande amore e cure costanti, hanno prati e bordure di fiori, canneti in riva all’acqua. Le finestre sono aperte sugli interni: si vedono i davanzali con piccole abat-jour e vasi di phalenopsis, tra i fiori più usati in queste case; e in fondo alla sala una vetrata fa filtrare il giardino sul retro. Il polder è una sorpresa piena di fascino. Ma anche una testimonianza della potenza produttiva olandese. Impressionante l’estensione degli allevamenti. E una serra per la coltivazione industriale di fiori che ha le dimensioni di un piccolo paese.
FORMAGGIO
Proseguiamo verso nord, direzione Gouda: si legge gauda ed è la città del formaggio olandese che porta lo stesso nome. Nella sua piazza, che pare sia la più grande di tutta l’Olanda, un curioso municipio galleggia solo, con l’immancabile carillon che suona a intervalli imprecisati, i decori barocchi in arenaria e gli scuri delle finestre dipinti di bianco e rosso. Alle sue spalle l’edificio dove si pesava il formaggio è il luogo giusto per comprarlo anche oggi che è domenica. Lo scegliamo al latte di capra e non è male. Le varie stagionature (non molte in verità, e al massimo 18 mesi) non lo rendono granché al palato di un italiano abituato alle 400 e oltre varietà di formaggi nostrani. Ma i prodotti locali assaggiati sul posto danno un piacere speciale e a Gouda il gouda sembra buonissimo. Lo mangiamo con pane sotto uno dei quattro alberi della grande piazza.
B&B
Abbandonata l’idea di trovare da dormire verso sera on the road, prenotiamo di giorno in giorno per la notte successiva. È un piccolo compromesso: toglie il piacere di pedalare senza meta e fermarsi quando si è stanchi (cosa che forse in luglio sarebbe stata possibile anche qui), ma risparmia l’ansia di rischiare la notte all’adiaccio. La meta di stasera è Den Haag (L’Aia), bed & breakfast familiare in un quartiere periferico pieno di canaletti – c’è gente che pesca seduta nel prato di casa. A ospitarci è un anziano signore che ha ricavato nella sua villa con giardino un’ala da affittare. Ci piacciono queste sistemazioni perché danno la sensazione di abitare con e come gli olandesi. E in 4 spendiamo in media 100 euro inclusa la colazione.
BICICLETTA
Ah, dimenticavo: oggi 66 chilometri. Sommati ai giorni precedenti fanno 215. Purtroppo non è scattato alcun feeling con la mia bicicletta e ora so che questo toglie un po’ della bellezza a un viaggio del genere. La bici, se ti ci sposti con bagaglio al seguito, diventa parte di te, sei tu che la guidi, è lei che ti sostiene. Si diventa uno. Se non c’è sintonia di forme, se la durezza delle marce non si adatta alle tue gambe, se ogni giro di pedale ti costringe a percepire uno sforzo o un attrito, ti ritrovi a combattere fra te e te – perché la bicicletta, gioco forza, è parte di te. Mi sento come se avessi un arto non perfettamente funzionante. La prossima volta valuteremo l’ipotesi di viaggiare con le nostre.
RISTORANTE ITALIANO
Il b&b è a Yimpering, l’ultimo quartiere di Den Haag che si fonde con Noordburg: ci spiegano che la città è formata da aree ognuna con un centro e alcune di queste, come Noordburg, pur essendo completamente attaccate a Den Haag, intrecciate strada per strada, sono diventate Comuni a sé. La cosa sorprendente è che siamo nella periferia estrema della capitale ma le case sono basse e carine, villette o casette a schiera, verde ovunque, piccoli canali, tutto pulito e curato. Nessun falansterio, niente svincoli autostradali o stazioni vandalizzate. Si capisce che sono abitazioni più popolari e si vedono immigrati, specie neri, ma la sensazione è che siano quartieri residenziali tranquilli e ben fatti. Anche questo è sicurezza sociale.
Per accontentare i bambini ceniamo in un ristorante italiano, La Giara. Enzo, il proprietario, è un ragazzo di Otranto. Ha chiuso il bar che aveva nella sua città perché ormai lavorava un mese all’anno; qui è il contrario: da giugno a settembre è bassa stagione “gli olandesi appena vedono il sole partono” dice, ma d’inverno si lavora bene. Dai suoi racconti – vive qui da tre anni e ha una bimba di 4 – qualche pennellata per ritrarre il Paese. Gli asili, dice, sono tutti privati e costano circa 900 euro al mese. Però lo Stato ti dà un assegno e tu paghi circa 200. Elettricità e gas costano due terzi di una bolletta italiana. Un suv che da noi paga 800 euro di bollo qui ne paga 2.600. In effetti, perché incoraggiare qualcuno a comprare un’auto inquinante e pure di importazione?


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