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Old Rockers Never Die

Creato il 29 giugno 2011 da Zambo
Old Rockers Never Die
Hot Tuna. Il nome di una band che sa di mito, che sa della leggenda degli anni 60, San Francisco, Haigh Hasbury, Jefferson Airplane, psichedelia, la generazione hippie. Hot Tuna sta per Jorma Kaukonen e Jack Casady, metà degli Airplane, la metà meno lisergica e più blues. Nati come side project della band nel 1969 sotto forma di combo acustico (a lungo costituirono un siparietto acustico negli show della banda madre), aggiustarono il tiro con Burger nel 1972, dove blues delle radici e musica rock, chitarre acustiche e chitarre elettriche trovarono il loro equilibrio. E mentre Paul Kantner e Grace Slick davano fuoco alle polveri della propria visionaria fantasia con i dischi assieme al resto della crema psichedelica di Frisco, nel corso di session in cui cominciava a far la comparsa il nome di Jefferson Starship (che in seguito avrebbe finito per etichettare un sound molto più addomesticato), Kaukonen e Casady si mettevano definitivamente in proprio per creare galoppate elettriche con America's Choice, Yellow Fever e Double Dose. Ancora oggi on the road, il loro ultimo disco in studio risaliva al 1990. Così costituisce un po' una sorpresa un nuovo disco del dinamico duo. Per quanto mi riguarda la mia attenzione è stata attirata soprattutto dalla bella copertina - i Tuna hanno sempre avuto buon gusto per la grafica dei propri dischi, e questo Steady As She Goes è uno dei migliori. Il disco è registrato negli studios di Levon Helm e prodotto da Larry Campbell, quello del Dylan ritrovato di Love And Theft. C'è effettivamente del Dylan negli arrangiamenti di questo disco, un po' dell'elegante mestiere della band del never-ending tour. Evitando di frugare nel blues acustico, e rinuciando alle tirate hard di chitarra elettrica, Jorma Jack & Larry scelgono di presentarsi un po' gigioni con uno stile laid back che alla fine più che Dylan (o gli Hot Tuna) porta alla mente il Knopfler tranquillo dei dischi recenti. Angel Of Darkness è il brano più vivace, capace di evocare, vagamente, nei contro canti femminili addirittura la Grace Slick degli Airplane. Children Of Zion in verità è un bel blues del Rev Gary Davis (presentato molto a la Knopfler). Bella la ballata a due voci di Smokerise Journey.  Tutto il disco scorre piacevolmente senza prendersi troppo sul serio fra ballate, blues e western swing, senza picchi ma anche senza valli. Un disco che non aggiunge nulla alla leggenda dei due musicisti, ma che può divertire i fan. Per chi invece fosse curioso di conoscerli, il consiglio è di procurarsi Burgers, e di non perdere il tour italiano di supporto al nuovo disco.
Hot Tuna > Steady As She Goes
Red House, aprile 2011
★★★
Old Rockers Never Die
Anche NRBQ è una band che, ad un pubblico un po' smaliziato e probabilmente dai capelli ingrigiti, parla di mito e leggenda. Pur non avendo mai frequentato le classifiche di vendita dei dischi, il gruppo, un po' di Miami, Florida, ed un po' di NYC di Terry Adams, Joey Spampinato, Al Anderson e Tom Ardolino, si è costruito una solida fama grazie a show robusti e divertenti dove mischiano rock & roll, rithm & blues, sound del bajou, beat, pop, jazz, tanto mestiere e gusto di suonare. Musicisti dei musicisti, sono stati sicuramente un'ispirazione per Bonnie Raitt, Little Feat, Los Lobos e possono citare fra i propri fan nomi come Bob Dylan, Elvis Costello, Nick Lowe, Dave Edmunds, Paul McCartney. In realtà i NRBQ sono stati probabilmente la maggiore ispirazione, assieme ai Beatles, dei Rockpile (sempre che qualcuno negli anni duemila si ricordi dei Rockpile). Dei tanti dischi realizzati uno in particolare è da conoscere: At Yankee Stadium del 1978 (no, non è registrato dal vivo, e meno che mai allo Yankee Stadium). Come pure sono da evocare canzoni come Riding In My Car, Me and the Boys, Green Lights. Oggi i NRBQ non sono più fisicamente quel quartetto (anzi, quel ‘nuovo rithm & blues quartetto’). Del gruppo originale è rimasto solo il pianista Terry Adams, che da un decennio porta in giro il suo Terry Adams R&R Quartet che ora, uscito dal tunnel di una malattia, ha deciso di ribattezzare con il nome della vecchia band. E non senza ragione, perché questi NRBQ assomigliano proprio tanto agli old NRBQ. Keep This Love Goin' (il nuovo disco) non aggiunge proprio nulla a quanto era già stato detto, ma è delizioso come sempre, con il suo mix di generi cantati con tanta voglia e tanto contagioso piacere: un po' Beatles, un po' CCR, un po' Tin Pal Alley. Proprio la stessa ricetta dei migliori Nick Lowe e Dave Edmunds.
NRBQ > Keep This Love Going
Burnside, giugno 2011
★★★½
Old Rockers Never Die
Parlando di miti e leggende, che dire dell'autore di quel pezzo che Jake e Joliet Blues (i Blues Brothers) hanno definito "i nostri Brahams, i nostri Beethoven"? Già, l'immortale Green Onions di Booker T & the MGs, vale a dire la band di studio della Stax Records. Booker T Jones di Memphis Tennessee è tornato, nel 2009 con un disco registrato con i Drive By Truckers, oggi con questo The Road From Memphis. Il disco ha 11 canzoni, 4 cantate e le rimanenti 7 strumentali. Nessuna delle strumentali è  (come) Green Onions, ma nessuno pretendeva tanto. Beethoven non ha scritto tutte le settimane il tatatata della V sinfonia. Ma dopo un po' che le ascolti sono affascinanti; fanno molto colonna sonora di Tarantino, più o meno dalle parti di Jackie Brown. Magari non sono straordinarie ascoltate da sole, ma sono impagabili nel creare il climax per le quattro canzoni cantate. Particolarmente belle Crazy e Everything Is Everything. Poi ci sono le canzoni: grandi R&B asciutti ed essenziali modello Stax 1960. La mia preferita è Down In Memphis, un errebì a serramanico con la voce roca di Booker T che sembra Gil Scott Heron. Giù a Memphis, e ti sembra di vederla una periferia nera che forse non esiste neanche più. Representing Memphis è il pezzo che potrebbe fare da 45 giri, un soul per due voci, quella maschile di Matt Berninger e quella femminile di Sharon Jones. Progress è cantata da Yim Yames dei My Morning Jackets. Il disco si chiude con lo strumentale di Harlem House che tira la volata a The Bronx, cantata da brivido da Lou Reed come fosse un pezzo di New York o Street Hassle.
Un disco impagabile, che cresce ascolto dopo ascolto e che testimonia quanto fosse potente la musica nera negli anni sessanta.
Booker T. Jones > The Road From Memphis
Anti, maggio 2001
★★★★

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