Oldboy: Spike Lee confeziona un capolavoro

Quando ho letto che Spike Lee aveva deciso di dirigere un remake di Old Boy sono rimasto un attimo spiazzato.
Non era di certo facile riportare sullo schermo la pellicola di Chan-wook Park  che trionfò al festival di Cannes del 2004 aggiundicandosi il Grand Prix Speciale della Giuria, assegnato da un entusiasta Quentin Tarantino.

Ma qui Spike Lee riesce nell’impresa di superare quasi l’originale, portando sullo schermo un thriller psicologico e viscerale che racconta la storia di Joe Doucette, 
un uomo che senza alcuna ragione apparente, viene improvvisamente rapito e tenuto in ostaggio
in completo isolamento per vent’ anni.
Da quando sarà liberato (anche questo senza nessuna spiegazione) Joe inizierà una nervosa e selvaggia ricerca per scoprire chi lo ha imprigionato, andando a scavare nel passato e trovandosi coinvolto in un “gioco” più grande di lui.

Su tutto il cast brilla Josh Brolin: definirlo fantastico è quasi un eufemismo, offre senz’altro quella che fino ad ora è la performance migliore della sua carriera.
Umano e arrogante, sociopatco e violento, il Joe di Oldboy è uno dei personaggi più riusciti del cinema degli ultimi anni, pieno di contraddizioni e sfaccettature che da solo trascina il film fino alla fine tenendo lo spettatore incollato alla poltrona.
Bravissimi anche Sharlto Copley (che interpreta il cattivo di turno fornendo un’ottima prova) e Elizabeth Olsen, al suo quasi debutto in un film importante, resiste e porta dignitosamente il lavoro a casa.

Spike Lee si dimostra un talento puro, forse all’apice della sua carriera, confezionando un film perfetto dall’inizio alla fine, senza pause o momenti più deboli.
Un crescendo di violenza, adrenalina e scene da pugni nello stomaco, in quello che si candida a diventare come uno dei film più belli dell’anno.