La pagina più nera delle Olimpiadi moderne è quella scritta il 5 settembre 1972 da un commando di terroristi palestinesi. Un’incursione nel villaggio olimpico si chiude con un bagno di sangue: 17 morti, tra i quali 11 atleti israeliani.
L’edizione del 1972 dei giochi olimpici è rimasta tristemente nella memoria di tutti noi e anche le successive verranno coinvolte direttamente e indirettamente. Le gare si aprono in un clima di apparente serenità, con gli atleti che vogliono entrare nella storia, attorniati dal pubblico che fa il tifo. In mezzo alla folla che esulta fragorosamente si mescolano otto terroristi palestinesi del gruppo Fath dell’Olp. Ormai lontana dalla militarizzazione del regime nazista, la Germania vuole dare al mondo una rinnovata immagine di sé. Anche per questo si decide di non investire troppo sulle misure di sicurezza e di allestire una sorveglianza piuttosto blanda.
Uno shock per il mondo che brutalmente viene a conoscenza delle condizioni di vita dei profughi e per l’organizzazione tedesca che si trova a fronteggiare una situazione imprevista e a cui non sanno come rispondere.
Il ricatto non ha effetto.
I terroristi allora chiedono un aereo per raggiungere, assieme agli ostaggi, il Cairo. Si tratta per l’intera giornata, la polizia tedesca prepara un piano per liberare gli ostaggi all’aeroporto. I terroristi sono disposti a tutto, pronti a morire per la causa palestinese, per la libertà della propria terra, sanno mantenere tesa l’atmosfera. Le minacce continuano, tra la disperazione dei parenti degli ostaggi e i curiosi che giungono sul luogo. Mentre la Tv trasmette in diretta le informazioni. La situazione appare senza via d’uscita. Si temporeggia.
All’1,30 del 6 settembre tutto è finito. Monaco è piegata al dolore e dal lutto.
Una solenne cerimonia commemorativa viene organizzata presso lo Stadio Olimpico. Tutte le nazioni partecipanti, tranne l’Unione Sovietica e gli Stati Arabi, osservano la disposizione di mettere le bandiere a mezz’asta. Da tutte le parti si levano voci che chiedono l’interruzione dei Giochi, ma il presidente Avery Brundage si oppone, dichiarando che “il comitato olimpico non può farsi ricattare da un pugno di terroristi”.