D’accordo che quei 4 miliardi rischiano facilmente di raddoppiarsi (cosa per altro non esclusa anche per gli aerei, tanto che l’annunciato taglio di 10 apparecchi sul totale è più dovuto al rialzo dei prezzi che a una volontà di risparmio) a causa delle cricche e della nota corruzione in fatto di appalti: ma proprio per questo sarebbe stata una sfida in nome della legalità e della correttezza, dell’efficienza e della trasparenza. Una sfida contro i veri nodi che soffocano l’Italia, ma che si è rinunciato ad affrontare alla radice nella convinzione che essi non possano essere combattuti o ancor peggio nell’idea che non debbano essere combattuti.
Ma allora che ci sta a fare il governo? A fare tagli sociali, ad avallare l’idea che i diritti siano in contrasto con l’economia e a seguire la lista degli acquisti imposti da altri? Secondo questa logica nella quale un risanamento non va nemmeno tentato non si farà mai nulla e si spenderà e spanderà solo per ingrassare le banche o per acquistare arnesi del tutto inutili con un ritorno economico minimo e uno assolutamente insignificante dal punto di vista tecnologico. Certo una Olimpiade, anche ammesso di vincere la gara, seppur fonte di preoccupazione da ogni punto di vista, sarebbe stata un volano incomparabilmente più grande, sia di lavoro che di immagine.
Riflettendoci bene Alemanno e la Polverini sono solo in apparenza degli sconfitti: lo sono come singoli personaggi, ma la logica clientelare e opaca che rappresentano così egregiamente, è stata dichiarata insormontabile e ineludibile, senza nemmeno provarsi a cambiare davvero le cose. E anche quella politica che plaude al “risparmio” operoso sullo sport, ma tace sulla dilapidazione assurda in strumenti di guerra, si è evidentemente arresa a questa logica. Non siamo Paese da Olimpiade, non siamo Paese da speranza: siamo ormai un grande magazzino costretto ad acquistare cose inutili per compiacere questa o quella potenza e le cui parti migliori verranno presto svendute. Inutile girarci attorno: se il solo modo di combattere le cricche già pronte a saltare sulle Olimpiadi è quello di rinunciare alle occasioni, abbiamo già chiuso bottega.