OLIO INDUSTRIALE? SI PRODUCE COSi’

Da Latognazza

Esiste anche un'altra categoria di oli oltre a quelli spremuti a freddo e in modo artigianali, quella degli oli ottenuti da una spremitura "a caldo" e che fanno aprte degli oli industriali. Vediamo un po' come funzina questo processo produttivo.

L'olio spremuto a caldo non è solo quello prodotto con una temperatura che superi abbondantemente i 27° C previsti dalla legge. Esiste un altro procedimento di estrazione più efficace, in grado di garantire rese più "spinte" mediante alte temperature e l'uso di solventi chimici. Vediamone i passaggi.
Il procedimento ha inizio con la pulizia dei semi o dei frutti: vengono rimossi i corpi estranei mediante potenti magneti che raccolgono gli eventuali residui metallici; vari filtri rimuovono poi sabbia, pietrisco, legno o altre impurità. I semi vengono sgusciati e i frutti, come ad esempio le olive, preriscaldate e quindi avviate alla macina per ottenerne una pasta omogenea. Dopo la macina, la pasta ottenuta viene cotta a vapore o tostata su superfici riscaldate con temperature che raggiungono i 150° C e a pressione di circa 2300 BAR. Viene quindi aggiunto l'esano (CH3-CH3), un solvente chimico che garantisce una estrazione efficiente e ottimale. La miscela oleosa che se ne ottiene contiene grassi e solventi: occorre riscaldarla ancora tramite vapore ad una temperatura di 60° C perché l'esano si separi dall'olio, proprio come accade nella distillazione alcolica. L'olio che se ne ottiene è ancora grezzo, quindi non commestibile, poiché contiene sostanze maleodoranti e irritanti così come acidi grassi liberi. Per renderlo commestibile l'olio prima deve essere raffinato.

La fase successiva all'estrazione è l'eliminazione della polpa. Vengono eliminati residui, lipidi fosforosi, lipidi polari e tracce vegetali. Le sostanze indesiderate vengono fatte condensare con soluzione salina diluita e diluizioni acide. L'olio viene deacidificato, ossia gli acidi grassi, dal sapore sgradevole, sono eliminati mediante aggiunta di una soluzione alcalina a base di sodio, esano neutro ed alcool isopropilico che permette ai residui saponosi di unirsi agli acidi grassi liberi. I residui saponosi vengono poi eliminati con acqua calda. Questa fase è poi seguita da quella di "decolorazione". L'olio viene portato ad una temperatura di 70° C- 90°C quindi si aggiunge caolino, che assorbe i pigmenti ed altre sostanze indesiderate come i metalli pesanti. Questa fase comporta la dispendiosa perdita di elementi importanti quali i carotenoidi, le clorofille, le xantofille e i tocoferoli; inoltre è a questo punto che fanno la loro comparsa gli isomeri trans. L'olio viene ancora "condizionato" , vale a dire portato ad una temperatura di 0°C fino alla formazione di cristalli, in modo che si possano filtrare gli elementi a un punto di fusione più elevato. Al termine di questo processo, suddiviso in più stadi, l'olio è "deodorizzato": il grasso è sottoposto a temperature massime di 270°C per non più di trenta minuti, in una macchina sottovuoto a vapore. Questo oneroso procedimento permette di ottenere una miscela d'olio dal gusto delicato, di buona qualità e che può essere conservato a lungo. Nel processo di deodorizzazione dell'olio è prodotta una piccola quantità di vitamina E.
Come si può notare la produzione industriale di olio è suddivisa in una lunga serie di fasi diverse al fine di ottenere un'estrazione efficace dei grassi dagli ingredienti di base: si estrae il 99% del contenuto oleoso, con la conseguenza che il contenuto di tocoferoli, lecitine ed altri importanti componenti dell'olio si abbassa notevolemente. Si elevano invece i contenuti di acidi grassi "trans" notoriamente nocivi per la salute. Per contro i metodi a freddo hanno rese più basse poiché permettono di estrarre solo il 90% dei grassi contenuti nel frutto ma presentano l'indiscusso vantaggio di preservare integro il carico vitaminico-minerale e antiossidante del frutto, mantenendo solo la funzione di poter generare calorieuna volta metabolizzati.

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