Lavorate più di 8 ore? Siete a rischio depressione!
Ecco, questo è uno studio che penso non verrà mai molto pubblicizzato. La ragione è ovvia. Dopo un iter della vita lavorativa che già da molti anni spinge a dedicare al lavoro la gran parte della giornata, non si può venire a dire che le ore salutari giornaliere sarebbero 7 ma, occasionalmente si può arrivare ad 8. Il rischio a questo punto, visto i ritmi lavorativi di oggi sarebbe, oltre alla depressione diagnosticata come probabile, un terribile calo del Pil Italiano.
Immaginate il nostro Prodotto Interno Lordo come si affosserebbe? E alla Merkel, cosa gli dovrebbe dire il presidente del consiglio Monti? Sai Angela, vorremmo fare molto di più ma poi rischiamo di … deprimerci per lo stress.
Scherzo è ovvio, però, alla luce di questa ricerca, c’è veramente da pensare a quanto la Società odierna abbia spinto il nostro bioritmo così avanti da tenderlo come un elastico. Si perché, alzi la mano chi, chiedendo per quando un lavoro affidatogli fosse da consegnare e quindi portarlo a compimento, non si è sentito dire: è per ieri!
Quindi a tutti voi, staccanovisti ed intossicati dal lavoro che magari vi sobbarcate in più turni lavorativi, ma anche precari costretti ad un mega lavoro ingestibile pur di mantenere il… precariato, ascoltate bene quello che la ricerca pubblicata sulla rivista PLoS ONE, e condotta da Marianna Virtanen della University College di Londra afferma:
Quando le ore di lavoro aumentano il rischio è, oltre a errori, la depressione. lavorare troppe ore raddoppia il rischio di andare incontro ad episodi depressivi. Le ore giuste sono 7, al massimo 8 al dì, grave rischio, quindi, per chi fa gli straordinari o, comunque, lavora troppo.
Rischia doppio chi lavora per 11 ore al dì rispetto a chi lavora le classiche 7-8 ore.
A tale proposito lo psichiatra Ferdinando Pellegrino, dirigente medico del Dipartimento di Salute Mentale della Asl di Salerno spiega che:
“L’episodio depressivo maggiore è scatenato da agenti esterni, se lavoro tanto e lavoro in ambienti sbagliati, senza giusta motivazione, con regole poco chiare, senza aspettative né gratifiche allora di certo si rischia la depressione”.
La Virtanen ha tenuto sotto controllo oltre 2000 lavoratori britannici di mezza età registrando una forte associazione tra lavoro straordinario e depressione.
Gli individui sono stati monitorati all’inizio dell’indagine per numero di ore lavorative quotidiane, problemi psicologici ed eventuale presenza di fattori di rischio per la depressione e poi c’è stato un follow-up di parecchi anni, annotando eventuali episodi depressivi.
Sono tante le situazioni a rischio, in primis si rischia grosso se si investe tutto sul lavoro dedicandogli ogni energia, perché lavorare solamente porta a perdere il contatto con la realtà. Si tratta dei lavoro-dipendenti che fanno turni al di sopra della proprie possibilità. Oltre alla depressione, c’è anche un rischio per la salute, perché si finisce per scoppiare.
Anche il lavoratore precario è a rischio, perché al sovraccarico di lavoro si associa una dequalificazione professionale, la mancanza di aspettative, l’incertezza del futuro, creando maggior tensione acutizzandone le paure:
“non sai se ti rinnovano il contratto e in quali condizioni, inoltre ti è preclusa ogni possibilità di crescita professionale”.
E comunque, a proposito dei lavori precari, ormai direi la maggior parte dei lavori che vengono offerti specialmente ai giovani, è stata svolta anche un’altra ricerca analoga dall’altra parte dell’emisfero, in Australia, da uno studio della Australian National University di Canberra la quale ha dato risultati analoghi:
da un punto di vista psicologico, sono fonte di stress. infatti, emerge che avere un lavoro precario o mal retribuito è più stressante di essere disoccupati.
Quest’ultima indagine, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista specialistica “Occupational and Environmental Medicine”, è stata condotta intervistando un campione di 7mila australiani ai quali sono state fatte domande volte ad indagare sullo stato di salute mentale e sulla tipologia di lavoro svolto.