Oltre l'usura

Creato il 02 dicembre 2013 da Straker
In “Dante e la nascita dell’allegoria”, Pietro Cataldi scrive: “L’idea di salvarsi da una condizione catastrofica, inventando nuove forme di ricostruzione del senso appare particolarmente attuale, non solo per la nostra percezione di vivere all’interno di una spaventosa catastrofe di civiltà, ma per la connessa difficoltà s ricostruire i legami tra le parole e le cose, cioè ad attribuire significato e valore all’esperienza e alla vita. La 'Commedia' è stata composta anche contro qualcosa; anzi, si ha spesso l’impressione che gli obiettivi polemici siano nel poema siano ancora più nettamente definiti che non le finalità positive. Dante si scaglia contro religiosi e politici corrotti, contro valori sociali che hanno pervertito ogni possibile buona convivenza umana, contro abitudini che distolgono gli individui dalla salvezza per asservirli ai disvalori pubblici ed alla corruzione pubblica; ma fissa l’origine di tutta questa rovina in un’entità di alto valore simbolico che anima il male nelle sue varie forme: il denaro, l’oro, la ricchezza. D’altra parte la civiltà del guadagno fondava proprio in quei decenni una possibilità di relazione fra cose e significati che ne ridislocava fatalmente il valore: acquistando un prezzo e sempre più coincidendo nella communis opinio con un prezzo, le cose vedevano sempre più attenuarsi il loro valore trascendente”.
Il critico ha ragione e tuttavia occorre sottolineare che il sommo poeta non tuona soltanto contro la cupidigia di denaro, contro la “gente avida di subiti guadagni”, poiché egli comprende anche che il denaro scade a merce nel momento in cui diventa mezzo non per acquistare e vendere, ma per accumulare altro denaro. L’esecrazione dell’usura pone l’Alighieri in rotta di collisione con la mentalità mercantile, con la religione borghese del capitale. Gli usurai peccano contro l’arte, ossia contro il lavoro. Essi traggono profitti da un’attività sporca e disonesta, da un’occupazione contro natura. Bene aveva inteso Ezra Pound che una civiltà degna di questo nome non può fondarsi sul prestito e sulle frodi dei banchieri. Quindi non solo gli oggetti perdono il loro valore intrinseco per acquisire un valore di mercato, ma il denaro si traduce in una merce come le altre. Alla reificazioni dei valori e dei rapporti umani segue la mercificazione dei soldi. L’Alighieri è un laudator temporis acti: la sua Weltanschauung tenta di mantenere in vita la concezione cortese della liberalità, dell’elargizione generosa e disinteressata. La storia, però, va in un’altra direzione ed il mondo tardo medievale che declina prepara il declino senza speranza, senza remissione.
Chi oggi si sorprende o s’indigna di fronte alla consuetudine di prestare somme caricate di interessi più o meno elevati? Chi oggi reputa immorale ricavare dei profitti da una cifra depositata o investita? Eppure l’interesse, attivo e passivo che sia, è un non-senso, un’aberrazione, preludio e pilastro di altri raggiri finanziari, quali la speculazione più immorale, l’anatocismo, il signoraggio, la creazione di banconote dal nulla.
Evento spartiacque fu nella storia moderna e contemporanea la fondazione della Banca d’Inghilterra, il 27 luglio del 1694. L’istituto inaugurò e diffuse le perverse pratiche creditizie che strangolano le nazioni, soggiogano i popoli. Si stringe un cappio attorno al cittadino costretto a lavorare per uno stato esoso ed incontentabile. Lo stato lo grava di un debito che in realtà è un credito!
Quale può essere la via d’uscita? Restituire al denaro la sua valenza di medium, non di fine. Eppure, anche se la nostra società fosse emancipata dall’avarizia e dalla grettezza, dalla bramosia di figuri rapaci, di governi famelici, vivremmo sempre sotto una pesante ipoteca che è nel disconoscimento di ogni idea e principio non monetizzabile.
L’ingordigia più perniciosa non è quella diretta verso i beni materiali: i lupi voracissimi, infatti, agognano qualcosa di scintillante, ma che non è la vile pecunia...

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