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Oltre la soglia di Tito Faraci su Second Life: guest post di @Jangoed
Creato il 15 dicembre 2011 da MartatraversoDietro a ogni Avatar c’è una persona
Guest Post di Edoardo Cavazzuti
La corrente elettrica è fondamentale. Chiedete a Marta, che ieri ha fatto la doccia fredda, è stata al buio, priva di netbook e fuori da internet proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto incontrare lo sceneggiatore Tito Faraci, autore del romanzo young adult intitolato “Oltre la Soglia”.
Senza corrente, Marta è rimasta a casa, forse a lume di candela, magari sfogliando un vetusto libro analogico (magari... niente candele e niente torce, cena al buio e a letto alle nove, ndr), semplicemente perché la presentazione non è avvenuta in una libreria o in una biblioteca, ma in un non-luogo chiamato Second Life.
Ne avrete sicuramente sentito parlare, dato che, alcuni anni fa, sembrava fosse la più promettente esperienza di vita virtuale immaginabile. Anche io avevo creato un Avatar, poco prima che Second Life fosse fagocitato dalla bulimia per le novità che pervade la rete. Così ho ucciso il mio alterego e chiuso l’ingresso alla tana del bianconiglio.
Ieri ci sono rientrato, grazie alla sponsorizzazione di Marta e all’invito di Giovanni Dalla Bona di Libriamotutti.
Mi sono serviti più di due giorni per creare un nuovo Avatar e diverse ore per comprendere l’interfaccia di Second Life Viewer 2, ma, proprio mentre Tito Faraci prendeva la parola, io ero lì. Non imbambolato come in una videoconferenza o spettatore passivo di uno streaming. Ero lì, in pura essenza, per tramite del mio Avatar.
E badate bene, il transfert tra me e il mio pupazzo di bit ha funzionato non grazie al medium, ma solo perché c’era un buon messaggio. Carne al fuoco. Trippa per gatti. Il contenuto, per dirla in breve.
Gli artisti di Second Life avevano preparato uno scenario di horror urbano ispirato a “Oltre la soglia”. Molti Avatar erano conformati come gli “adulterati”, i cattivi del romanzo. Nella land si sentivano urla, spari, rumori inquietanti. Non serve avere un’attitudine al gioco di ruolo per capire che tutto questo è molto più coinvolgente che trovarsi seduto alla Feltrinelli di fianco a una vecchietta con i capelli azzurri.
Già alle 22:15 il garage creato come set dell’incontro era gremito. Tito, emozionato, stava diligentemente seduto, cercando nella palette un modo naturale di cambiare postura. Ha parlato della genesi del romanzo (un anno e tre mesi), delle opere che considera seminali (“Io sono leggenda” e “Il signore delle mosche”) e della sua stella polare: Stephen King. Poi è passato alla musica, con l’evocazione di miti come The Clash, The Who, Nirvana, Queens Of The Stone Age. In mezzo, tante domande, tanta interazione. Insomma, come dicevo, roba vera.
Se mi chiedessero di partecipare a un altro incontro, non avrei dubbi: accetterei per il silenzio, l’attenzione e il rispetto che gli Avatar hanno dimostrato all’autore. Nessuno ha fatto domande stupide, nessuno girovagava a caso, nessuno è andato via prima e, per fortuna, nessun cellulare si è messo a ronzare. Eppure tutti gli astanti potevano avvalersi dell’anonimato. Ognuno avrebbe potuto staccare la spina del PC e sparire in un decimo di secondo. Invece hanno ascoltato, fino alla fine. Ed è per questa serietà, così umana, che mi è stato facile immaginare, dietro a ogni Avatar, una persona.
Mi sembra sano cercare luoghi in cui esistano persone curiose, lettori appassionati e disponibili alla condivisione. Mi sembra saggio, quando si trova uno di questi luoghi, continuare ad andarci. Anche se si tratta di una realtà virtuale.
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