"Io e’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
Dante Alighieri, Inferno, Canto XXVI, vv. 106-120
Anche il mio viaggio, come quello d’Ulisse, è giunto alle sue Colonne d’Ercole. Sto per lasciare le acque del Mediterraneo ed affrontare l’Oceano Atlantico. Vi chiederete forse che senso possa avere questo mio errare per il mondo senza uno scopo apparente.
Come i cavalieri erranti che lasciavano la dimora e si mettevano in cerca di avventure, come i pellegrini che imboccavano la strada diretti ad una meta forse solo immaginata eppure così concreta nella loro mente, vi confesso di non sapere esattamente dove mi porterà questo viaggio.
Sono certo però che esso, alla fine, mi consentirà di ritrovare me stesso e, forse, di riunire ciò che è stato diviso molto tempo fa. Per farlo dovrò raccogliere indizi sparsi come enigmatiche reliquie di un antico drago. Solo risolvendo gli enigmi che incontrerò potrò svelare il mistero di un’esistenza che va oltre il lago dei misteri.
Non so dirvi nemmeno quanto tempo durerà questo andare, perché alla fine, quando si parte, ciò che conta non è la quantità di tempo che si è impiegata per raggiungere la meta, ma la qualità delle esperienze che abbiamo fatto mentre eravamo in cammino.