![[OM] Britten on Music di Paul Kildea [OM] Britten on Music di Paul Kildea](http://m2.paperblog.com/i/55/558592/om-britten-on-music-di-paul-kildea-L--KKf7I.jpeg)
Il libro è diviso in cinque parti. Le prime quattro, ciascuna relativa a un decennio di attività, sono introdotte da quadri cronologici e riassunte da un verso significativo che funge a sua volta da titolo (I. 1936-45 "Oh but the unloved have had power”; II. 1946-55 “This region of sin that you find you in, But are not of”; III. 1956-65 “All a poet can do today is warn”; IV. 1966-76 “My mind beats on”) e nell’insieme raccolgono in tutto centotre testi numerati. Nella quinta e ultima parte del libro sono riportati rapidi schizzi d’occasione dell’autore su composizioni proprie e altrui: sebbene la frequenza con cui i nomi vi compaiono corrisponda grosso modo alla misura della loro reperibilità nel resto del libro, queste note danno un’immagine parziale e meno precisa delle opinioni di Britten, che invece ha bisogno del suo spazio per sviluppare e argomentare le proprie idee. Per conoscere il parere su un determinato autore o argomento è allora di maggior aiuto una ricerca sistematica sugli ordinati e preziosissimi indici analitici (uno sulle opere dell’autore e un secondo su nomi di cose, luoghi e persone notevoli), sebbene la prosa semplice e concreta, sincera nei giudizi e piena di garbo, ripaghi di più chi abbia la pazienza di seguire il percorso stabilito dall’editore.
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Britten sostiene, non solo tra le righe, di essere un musicista puro, di non amare la parola per esprimersi, definendola con il proprio dignitoso riserbo un territorio a lui sostanzialmente estraneo, poiché sente il suo mestiere come «un fare e non un parlare»; la chiarezza teorica del suo agire musicale non ha avuto ricadute sul piano programmatico in termini di manifesti e nemmeno la critica, a suo dire, gli è affine, o quanto meno si interroga a più riprese sul suo senso e sulla natura dei suoi obiettivi. D’altra parte il compositore non si chiude in un silenzio riguardo al presente e al passato musicale, né lesina riferimenti espliciti alla linea seguita. Nomina anzi volentieri, in più occasioni, il «maestro» Frank Bridge, l’amato Stravinsky (discusso d’altra parte per la sua vis polemica) e l’amico – ammiratissimo – Shostakovic tra i contemporanei, ma anche Bartók e Poulenc, la seconda Scuola di Vienna, per scendere fino a Verdi, a Mozart, a Bach e all’immancabile, e prevedibile, Purcell, che segna la parentesi aperta di una tradizione musicale, qual è quella inglese, altrimenti per lo più ignorata, a dispetto della gloriosa tradizione elisabettiana di corte.
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La pubblicazione di questo bel volume da leggere con ordine o da consultare a piacere si colloca a buon diritto come libro-base di una bibliografia, non per forza specialistica, sul musicista: i riferimenti a colleghi e interpreti, le note e le riflessioni personali sono interessanti a ogni livello. Spesso anzi la sensibilità e la cultura che ne traspaiono gettano un ponte con diverse manifestazioni artistiche: il teatro, ma anche la letteratura, nelle prospettive più ampie, e la pittura. In una prospettiva allargata risulta dunque non solo utile ma davvero eccellente l’apparato critico posto in calce a ogni testo, che, oltre a riportare informazioni sulla fonte originaria e sulle opere cui l’autore si riferisce (altrimenti talvolta difficili da individuare), cita articoli o interventi di musicisti e artisti diversi, dando allo scritto un respiro più ampio e, insieme, significati più precisi. Duole soltanto che, in questo scavo appassionato negli archivi della Britten-Pears Library, non sia stato possibile rendere pubbliche altre immagini: sono solo sei le fotografie presenti, un paio delle quali per di più molto note e una addirittura relativa alla locandina della prima londinese della Lady Macbeth di Shostakovic, opera che Britten adorava, ma in cui non era neanche coinvolto come interprete.
A differenza della recensione relativa a Properzio, questa su Benjamin Britten ha trovato favorevole e direi entusiasta accoglienza su rivista: la pubblicazione è avvenuta su «Drammaturgia musicale e altri studi», fascicolo 2, inverno 2004 (Palermo).