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Se anche il mondo fosse pieno di favole come questa, forse avremmo sempre bisogno di rivederle. La città incantata (2001) è uno dei migliori cartoni animati sbarcati nelle nostre sale negli ultimi tempi: uno di quelli che ricorda capolavori dei bei tempi andati per l'accuratezza e il tratto dei disegni e nello stesso tempo fa ricorso a raffinatissime animazioni grazie alle quali movimenti e luoghi vengono arricchiti di una corposa dimensione volumetrica. La città incantata, che ha vinto l'Oscar e l'Orso d'oro per la migliore animazione, vanta un architetto d'eccezione: si tratta di Hayao Miyazaki, regista - tra le altre cose - di fortunatissime serie televisive come Heidi e Lupin III. Miyazaki sa senz'altro dialogare con i bambini, dirigendo un cast di immagini e di colori al cui confronto in quanto a sfarzo e bellezza molte altre recenti produzioni letteralmente impallidiscono.
Sul piano simbolico numerose sono le suggestioni e le tentazioni, di stampo soprattutto antropologico, troppi sono gli elementi caratteristici: dall'antro buio, al riproporsi in varie occasioni dell'elemento (soprattutto orientale) del fiume, alla misteriosa topografia della regione. È insomma difficile pensare alla permanenza di Chichiro nella città incantata, ai suoi incontri, alle sue incombenze come qualcosa di diverso da un'iniziazione all'amore. Sul piano più strettamente narrativo, a dispetto di qualche passaggio poco chiaro, si apprezza in modo particolare la straordinaria semplicità e la tenerezza di questa fanciulla che non si stupisce di fronte a nulla di ciò che le accade, salvo vedersi d'un tratto investita dall'onda in piena dei ricordi che ribollivano silenziosamente in lei.
In altre parole, se i colori ammaliano e riscaldano i più piccoli spettatori, l'ambientazione esotica e molto estiva ammicca al pubblico adulto e ai suoi sogni realizzati o - perché no? - ancora realizzabili, mentre ai ragazzini il cui corpo cresce troppo in fretta perché abbiano il tempo e la possibilità di accorgersene davvero La città incantata offre albergo sicuro e prezioso come una matassa che si va infine dipanando attorno a loro, un patrimonio di immagini e metafore da scoprire poco alla volta e da aggiungere alle esperienze quotidiane, dentro e fuori il cinema, dentro e oltre i paradisi o gli inferni dei sogni di ciascuno.
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