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[OM] Principi non negoziabili

Creato il 15 febbraio 2013 da Spaceoddity
[OM] Riproduco qui due articoli pubblicati in sequenza sul mio vecchio blog, a seguito di alcuni commenti e di alcune risposte ricevute.
[28/12/2006] Tempo fa leggevo una conversazione virtuale, cioè ritardata dalla pubblicazione dei quotidiani, tra alcuni giornalisti e il portavoce del Vaticano. Questi giornalisti, di cui non faccio il nome solo perché non ho i pezzi sotto mano, contestavano la non negoziabilità dei principi ecclesiastici come atto di mancata democrazia, di deroga inconcepibile a una ragione che dovrebbe dominare la vita dell’uomo.
[OM] Principi non negoziabili
Vista così, la cosa ha un aspetto perlomeno ridicolo, a mio avviso. Perché i princìpi non negoziabili di una fede sono proprio gli elementi distintivi che segnano l’appartenenza a una schiera di fedeli piuttosto che a un’altra. E uno degli aspetti più intelligenti di questo intelligentissimo Papa-teologo consiste nella definizione sempre più netta di questi confini, di questa sorta di prova del fuoco. Tra l’altro, perché questi stessi giornalisti non contestano (se l’hanno fatto me ne scuso in anticipo e pubblicamente) l’inaccessibilità della forma repubblicana alla revisione costituzionale? Perché, mi si dirà, sono dei repubblicani convinti, così come i cattolici possono essere dei cattolici convinti che non vogliono rinunciare al loro marchio distintivo ed essere riconosciuti pubblicamente quali figli di Dio che vivono la loro fede in un certo modo.
Semmai, questo è proprio l’aspetto su cui io mi soffermerei di più. È proprio in forza di questi princìpi non negoziabili che l’intervento cattolico nella giurisprudenza italiana e mondiale non è accettabile: certo, è comprensibile, giacché io che credo devo portare avanti il mio credo e annunciare la buona novella al mondo intero, perché questo compito mi ha dato Cristo. Ma non è accettabile perché la morale, che se è solida e sana, discende a cascata da un proprio modo di concepire la vita, ivi compresa la sfera confessionale più intima, non può essere esportata se si prescinde dai principi su cui si basa. Proprio in forza di una barriera così forte tra l’essere credenti – il che significa, dal mio punto di vista, anche praticanti – della religione x e il non essere credenti non si può imporre, o (neanche) solo proporre, un indirizzo specifico alla legislazione.
Che la giurisprudenza prenda un corso oppure un altro dipende dai legislatori, e i legislatori li abbiamo eletti noi (anche quando stiano all’opposizione). L’invito della Chiesa ai politici cattolici può e deve essere preso in considerazione dai deputati che trovano nella Chiesa Romana la comunità in cui si riconosce il loro spirito. Ma non può e non deve essere una voce in capitolo da parte di chi vive una vita diversa. Lo scontro vero, oltre che in piazza, su un blog, davanti al caffè del mattino o dove volete, deve avvenire in Parlamento, perché queste persone, che dovrebbero avere la preparazione e la cultura necessarie ad amministrare uno Stato, ci rappresentano e, se coscienziosi, sono la nostra voce là dove la giurisprudenza nasce. Ciò significa scontro, ma perlomeno significa anche rispetto per le reciproche posizioni spirituali tout court.
La distanza che prendiamo tutti noi cittadini dalla vita politica non nasce dall’avere al governo più o meno degli avversari (che io ho votato e del cui dubbio successo mi pento 24 ore al giorno), ma dal non sapere chi ci rappresenta e perché. Tanto più che nessuno sembra ascoltarci, o farlo con coerenza, quindi in virtù di cosa ci si rappresenti, è cosa che non riesco a capire. Al di dentro o al di fuori di questi princìpi negoziabili del cattolicesimo, la Chiesa sta diventando un vero punto di riferimento per chi vuole vivere in un certo modo la propria vita. E lo Stato?
* * *
[30/12/2006] I commenti ricevuti a proposito del mio articolo Principi non negoziabili mi spingono a un chiarimento, che ritengo quanto mai opportuno. Io non condanno, non contesto e non disprezzo affatto l’intervento vaticano nella vita politica italiana: è una voce in capitolo, è una voce fondamentale perché fondante, ed è giusto che venga rappresentata, come qualunque altro interesse entra in gioco nella vita di uno Stato, con in più il vantaggio, o quello che per me è un grande vantaggio, di essere un interesse spirituale, più alto e più profondo di qualunque altro interesse. Ciò che io deploro e, per quel che vale, condanno è l’ingerenza e, dirò di più, l’ingerenza preferenziale del Vaticano nella vita politica di alcuni Stati, e dell’Italia in modo particolare.
[OM] Principi non negoziabiliDue cose io vorrei, da questo intervento del Vaticano: 1) che sia un intervento costante, chiaro e dichiaratamente di parte, come ogni intervento che, pur guardando all’Uomo, lo guarda da una prospettiva particolare e, giocoforza, altamente definitoria; 2) che non sia un’ingerenza preferenziale laddove ragioni politiche, che prescindono dalla fede dei singoli consociati, portino la Nazione in altre direzioni. Il che non vuol dire affatto sminuire un orizzonte spirituale e morale, significa dar peso a tutti. E con gli strumenti politici che ci sono propri e con gli altri che una classe politica attenta, laddove ci fosse, potrebbe elaborare con il tempo e con l’intelligenza, laddove la usasse (e, in alcuni casi, l’avesse), si arrivasse infine a uno Stato laico, nel senso non governato né direttamente, né – molto peggio – indirettamente, da nessun rappresentante di una qualsiasi religione.
Perché se sono cristiano, lo devo essere anche quando faccio la spesa, senza tirar fuori il ciondolo del Crocifisso al collo, e lo devo essere sempre, o nella misura in cui riesco ad andare nella direzione che ho voluto dare alla mia vita. Questo voler essere cristiani a ore e a settori, con le mode dominanti, non è meno una debolezza secolare della Chiesa cattolica di quelle che si rinfacciano alle chiese protestanti, ad avviso di alcuni, succubi delle bordate di una società che scalpita e precipita. L’essere un politico cattolico, insomma, non significa essere un politico del partito “cattolico”, tanto più che l’orizzonte cattolico può riconoscersi nei più diversi progetti politici, avendo lasciato Cristo libertà di coscienza e di azione, oltre a dei principi che sarebbe veramente grave non veder riconosciuti da uno schieramento come dall’altro.
Trovo fuori luogo la richiesta da parte di gruppi specifici (omosessuali, abortisti, movimenti per l’eutanasia ecc.) di accettazione e addirittura di benedizione della Chiesa, perché, oltre a non essercene né bisogno né ragione, vogliono forzare la coscienza di persone mature e responsabili che hanno dato un indirizzo incompatibile con certe scelte di vita. Ma trovo anche oltraggioso il diritto di veto che alcuni portavoce vaticani ritengono di avere nel nostro Stato solo perché culla il loro nel suo grembo e intervengono in politica gettando il sasso, dal loro scranno – che è luogo di riferimento e dunque non paritario di cittadini come tutti gli altri – ritirando poi la mano e simulando l’espressione di un’opinione che ondeggia a convenienza tra il personale e il collettivo.
Chi parla deve dire a chiare lettere a nome di cosa parla. Mi si dirà che assolutizzo la politica, cioè la vita civile, a dispetto della vita spirituale che pure tanto affermo di apprezzare o preferire. Si aggiunga pure l’epiteto di machiavellico, se si vuole esaltare il mio discorso molto più terreno e banale di quello di un grandissimo pensatore del ’500. Io parto dal presupposto che la fede non si può imporre e che, comunque, anche ai fedeli non si può imporre un comportamento, perché Dio mi ha lasciato libero di decidere e di comportarmi di conseguenza o meno, Dio ci ha lasciati liberi di decidere e di comportarci di conseguenza o meno. I valori che io porto con me, li porto appunto con me in ogni mia azione e l’essere cattolico comporta una mia presa di posizione di fronte alla vita così com’è e come viene, non un’adulterazione dei fatti e delle prospettive… fatti salvi gli errori di visuale e di interpretazione, questo è chiaro.
Sta di fatto che io mi unisco o mi trovo unito in società con te che mi stai leggendo e che magari non approvi quel che leggi, col tuo vicino di casa e, guarda un po’, col mio, col giornalista di Avvenire e con Emilio Fede, tanto quanto con Scalfari o la moglie di Welby: abbiamo qualcosa in comune, lo Stato in cui viviamo e il patto che ci unisce, le possibilità di difendere i nostri interessi. Che poi io sia cattolico e tra i miei interessi (se vogliamo, il più alto), ci sia quello di veder diffuso il messaggio di salvezza, per il bene degli altri, è un dato di fatto, ma all’interno di una comunità politica nella quale tutti abbiamo un ruolo per quello che siamo, proprio come siamo, cattolici o no. È il mio intervento positivo, il mio ethos a contraddiastinguermi come cattolico o no, non la possibilità che mi è data o mi è tolta da un gruppo di interesse o da un altro. Dunque, non mi spaventa affatto l’interesse della Chiesa per la Giurisprudenza e per le leggi di questo o di altri Paesi, mi spaventa invece, e molto, la pigrizia morale, mentale e politica di chi non vuole entrare in gioco e, sartrianamente, sporcarsi le mani – e sapersi mostrare sporco – per costruire la migliore società possibile per tutti.

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