di Paolo Rausa
È un istrione? Oppure: è un genio? È un mistificatore? Su questi giudizi il pubblico e la critica si interrogano…” Siamo tra il 1965 e il 1966. Nel 1967 Carmelo Bene inizia la sua esperienza da regista cinematografico, arrivando l’anno successivo a vincere il Leone d’Argento al Festival di Venezia con quello che viene considerato il suo capolavoro: Nostra Signora dei Turchi. Nel 1981, con la Lectura Dantis dalla Torre degli Asinelli di Bologna, recita la Divina Commedia davanti ad un pubblico di oltre centomila persone, in occasione del primo anniversario della strage della stazione. Lancia così due sfide – una costante della sua attività artistica: una culturale e l’altra politico-sociale. Negli anni successivi porta sulle scene teatrali numerose opere.
Per citarne alcune, nel 1983 viene rappresentato il Macbeth al Teatro Lirico di Milano, L’Egmont in Piazza Campidoglio a Roma, l’Adelchi nell’84 sempre al Teatro Lirico di Milano, la seconda edizione dell’Otello nell’85 al Teatro Verdi di Pisa, il Lorenzaccio nell’86 al Ridotto del Teatro Comunale di Firenze. Il 12 settembre dell’87 è a Recanati per rendere omaggio al grande poeta Leopardi e recita i Canti, mentre il 10 novembre dello stesso anno è al Teatro Piccinini di Bari con l’opera Hommelette for Hamlet, dissacrante fin nel titolo. Il 16 marzo del 2002 Carmelo Bene muore a Roma. “Non è solo l’amico che manca, – ricorda Giancarlo Dotto – ma quella voce, chissà dov’è andata, quella voce che ci dava calma e forza, quella voce che ci dà la nostalgia di tutto ciò che abbiamo perduto senza averlo, peraltro, mai avuto!”.
San Giuliano Milanese, 7/5/2012