Ho aspettato qualche giorno prima di dedicare un post di omaggio alla grande Elena Obraztsova, indimenticabile voce spentasi due settimane fa a Leipzig. Volevo scrivere qualcosa di diverso dai soliti articoli commemorativi corredati di ascolti e mi sono rivolto a Ulisse Santicchi, regista e scenografo di fama internazionale che collaborò con il grande mezzosoprano russo in occasione del suo primo grande trionfo alla Scala. Si trattava del Werther diretto da Georges Pretre, con la regia di Giulio Chazalettes e Alfredo Kraus come straordinario, indimenticabile protagonista. Ero presente a quella serata e alle repliche del 1980. Ricordo ancora le emozioni provate quella sera, che si rinnovano ogni volta che ascolto la registrazione di quello spettacolo che fu uno dei momenti indimenticabili nella storia scaligera degli ultimi decenni. Ulisse Santicchi, in nome della nostra amicizia, ha acconsentito a raccontarci la sua esperienza di scenografo nel lavoro con questi magnifici artisti. Lo voglio qui ringraziare per questa preziosa ed emozionante testimonianza diretta. Buona lettura.
J. Massenet – Werther – TEATRO ALLA SCALA – 12 – 2- 1976
Potremmo dire che per ogni produzione esiste nel nostro ricordo un sentimento ben definito. Molti sono gli eventi che a tali sentimenti ci conducono; gli artisti, le maestranze, il teatro nel quale viene rappresentato… quest’ ultimo, relativamente importante.
Ma vediamo di ritornare alle emozioni di questo Werther scaligero, ormai così lontano nel tempo…
Cosa dire? È stato un miracolo, uno tra i momenti più felici della mia carriera per merito di tutti coloro che vi presero parte: la compagnia, il regista, il direttore d’ orchestra, i realizzatori. Tutto era al meglio. La compagnia: Alfredo Kraus. Già l’incontro con questo artista, che da sempre ammiravo, mi emozionava. Scoprire in lui anche una persona, dal punto di vista umano, straordinaria, è stato oltre ogni aspettativa. Elena Obraztsova, al suo debutto in Italia, non era ancora la grande star che poi tutti abbiamo conosciuto. All’ inizio abbastanza timida e riservata, durante le prove è lentamente sbocciata in quella che tutti hanno poi conosciuto e ammirato. Anche Alberto Rinaldi (Albert), Daniela Mazzucato (Sophie) e gli altri, sono cresciuti in questo evento con una partecipazione estrema. La regia di Giulio Chazalettes ha avuto il merito di riuscire a mettere insieme tutti questi personaggi e infondere in loro grandi emozioni. In particolare i due protagonisti assorbivano da lui ogni parola ed ogni gesto, rendendolo poi totalmente appropriato tanto da far risultare tutto naturale: la gioia, l’ amore, la dolcezza e la morte. Il direttore era Georges Pretre, sempre presente anche alle prove di regia, e costantemente vicino a tutti gli artisti, tanto che ogni gesto poi è divenuto musica. La scenografia per il Werther, opera dove la natura ha un’importanza fondamentale sia dal punto di vista emotivo che dal punto di vista visivo, è stata realizzata, su un mio progetto scenico, al meglio anche perchè amata dai realizzatori fin dal primo momento. Alla vista del modellino lo scenografo realizzatore si è espresso così: “Solo uno che ama la natura e sa comprenderla può realizzare un modellino di questo genere”.
Alcuni aneddoti. Nel primo atto la scenografia prevedeva un tulle davanti al proscenio. All’ inizio della prima prova con scena montata e, in parte, anche con le luci – per le quali si deve ringraziare Vanio Vanni – Alfredo Kraus sale sulla collina, si volta e dice: “Io con questo non canto”. Io dalla platea dico: “Alfredo, per favore, vieni giù”. Sempre cortese, Alfredo viene in platea e gli dico: “Con questa scena ti presenti. Questo è quanto vedi con il tulle”. Poi mi rivolgo ai macchinisti e dico: “Sollevate il tulle”. Alfredo guarda per qualche secondo e poi dice: “Canto con il tulle”.
Elena Obraztsova un giorno mi prende in disparte e mi dice: “Devo chiederti un favore”. Non sapevo cosa potesse volere perchè era sempre stata contenta di tutto: parrucche, abiti, scarpe, etc. Poi mi dice: “Guarda che nell’ atto terzo devi mettere fazzoletti in ogni dove perché io piango come una fontana e se le lacrime mi vanno in bocca non posso cantare”. Fu fatto e nessuno si è mai accorto che lei cambiasse fazzoletto.
Ancora qualcosa da aggiungere. Ad una recita, una signora seduta nel palco centrale all’ ultimo atto sull’ ultimo accordo, con le mani a coprire il volto, è scoppiata in un pianto dirotto dicendo tra i singhiozzi: “È troppo, è troppo!”.
Mi è stato poi chiesto: che impressione le ha fatto lavorare per la Scala? E io risponderò come la Callas. Lei disse: “Io sono miope, per me tutti i teatri sono uguali”. Io non sono miope, ma anche per me tutti i teatri sono uguali.
Ulisse Santicchi