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'OMBRE - l’indagine dell’inafferrabile' a cura di Federico Sardella

Creato il 06 marzo 2012 da Roberto Milani
Assolutamente da non perdere!
'OMBRE - l’indagine dell’inafferrabile'   a cura di Federico Sardella
OMBRE
l’indagine dell’inafferrabile
a cura di Federico Sardella
FABBRI Contemporary Art , Stoppani, 15 C
dal 7/3/2012 al 21 aprile 2012
Francesco CANDELORO Enrico CASTELLANI
Claudio CITTERIO Bruna ESPOSITO
Emanuela FIORELLI Arianna GIORGI
Yari MIELE Alex PINNA
Marco TIRELLI Giuseppe UNCINI
Grazia VARISCO Antonella ZAZZERA
L’ombra, inafferrabile presenza ed assenza al contempo, in questa esposizione, si mostra in alcune delle sue possibili forme, ricche di misteri e di magie.
I dodici artisti presenti, distanti per età e geografie, operano nei campi più disparati: pittura, scultura, fotografia, video, installazione… eppure, osservando le loro opere individuate per questa occasione sarà inevitabile rintracciare un comune denominatore che non necessita molte spiegazioni ma che chiede di essere indagato: l’ombra. Propria o portata, parte del lavoro o il lavoro stesso, solida o virtuale, bloccata in un attimo di spazio o libera di modificarsi nel tempo, ha a che fare con l’illusione, con l’oscurità, con l’inconscio e, naturalmente, con la luce. Pensata appositamente per gli spazi della galleria, questa rassegna vorrebbe svelare differenti tipologie di indagini sulla questione, dando risalto alle singole opere ed al tempo stesso proponendole in un allestimento teso a favorire il dialogo e a delineare un percorso nei luoghi delle ombre, dove il riverbero ed il miraggio si fanno palpabili… senza dimenticare che ognuno di noi è seguito da un’ombra e che, come sosteneva Giorgio De Chirico: “Ci sono più enigmi nell’ombra di un uomo che in tutto l’universo”.
La mostra, gli artisti, le opere
Il percorso della mostra inizia con un disegno inedito del 1958 di Enrico Castellani titolato “Ombre”: un acquerello dove attorno ad alcuni punti la pennellata dà vita ad una zona di semi oscurità, suggerendo una tridimensionalità ed una fisicità palpabile. Accanto a questi lavori sarà esposta una recente tipica “Superficie bianca” nel cui spazio convivono, si attraggono e si respingono pieno e vuoto, concavo e convesso, positivo e negativo, luci ed ombre.
Quasi a voler sottolineare il potere che luci ed ombre hanno nel determinare l’illusione di una possibile tridimensionalità, accanto a Castellani sarà esposta un’opera di Marco Tirelli, un inchiostro e tempera acrilica su tela dove un corpo provvisto di volume, la cui presenza descritta dal chiaroscuro si manifesta nel suo apparire, in bilico tra luce ed oscurità.
Se nei lavori di questi due artisti le ombre si limitano ad abitare le opere, negli “Gnomoni” di Grazia Varisco, contribuiscono all’espansione del lavoro nello spazio e ne determinano la
struttura, in grado di variare con il modificarsi della luce. Ottenuti grazie alla semplice operazione del piegare lungo il perimetro di un quadrilatero una porzione dei lati, queste sculture da parete del 1983-84, il cui nome è quello delle aste delle meridiane, vivono della loro ombra, che determina spazi ambigui in grado di dilatarsi.
In mostra sarà presente anche un’importante opera di Giuseppe Uncini del 1973: “Ombra di un cubo”, concessa in prestito dalla Fondazione Marconi, Milano. In questa scultura da terra la fisicità dell’ombra viene ribadita sfacciatamente. Il costruire, il rendere visibile l’idea attraverso elementi tangibili, porta Uncini a dare solidità a quest’elemento impalpabile, non più contrario del pieno ma presenza che si manifesta per quello che è, fatta di cemento, inamovibile e fissa, senza possibilità di fuga.
Un’ombra solida è anche quella che mette in scena Alex Pinna nella sua scultura “Hombre”, che si compone di una parte in corda ed una in piombo. La prima restituisce l’immagine di una figura umana stilizzata ed allungata, quasi arcaica, la seconda la sua ombra realizzata in piombo, carica di tutto il suo peso, dotata di corpo eppure, nonostante la pesantezza che il materiale scelto porta con sé, leggera e fugace, colta un attimo prima della sua scomparsa.
Emanuela Fiorelli e Antonella Zazzera, seppur con materiali diversi, fili elastici la prima e fili di rame la seconda, disegnano strutture tridimensionali in cui il filo si dipana sino a disegnare percorsi che, grazie all’ombra, in grado di sdoppiarsi. Un’ombra propria, è quella delle opere della Zazzera, generata dalle sue strutture di luce va a sottolinearne la presenza e la precarietà. Apparentemente meno celebrata, costretta entro una teca di plexiglass, è quella di cui si occupa la Fiorelli che nell’ambito di uno spazio dato riesce a rendere l’idea di una profondità illusoria, dove l’ombra si fa portavoce di una condizione impalpabile eppure tracciata.
In una saletta laterale, sarà esposto “Paradiso ora” di Arianna Giorgi: un gregge di piccole pecore guarda verso la luce dunque, verso la speranza. Ma la luce ingannevole aiuta a suggerirci la sagoma di un aereo, forse di un kamikaze (dal titolo del film: Paradise Now) che dona la vita per un’ideologia imposta col plagio in un’ottica di violenza. Il raggio di luce, generato da una torcia, si interrompe rammentandoci che l’ombra è sempre in agguato.
Il lavoro di Claudio Citterio titolato “Pupilla” si inserisce nel percorso della mostra andando a stimolare una possibile riflessione sul guardare. Uno schermo rivolto verso la parete proietta su questa ultima una luminosità che devia e modifica la sua ombra sul muro, nella variazione della luce e nei mezzi toni, un’opera in bilico tra vedere e non vedere, tra presenza ed assenza.
Nelle opere di Francesco Candeloro, diversamente, le presenze con le quali ci troviamo ad interagire sono immagini di volti umani catturati senza gerarchie dall’obiettivo dell’artista ed incastonati in un box di plexiglass. Una disseminazione di volti che producono un echeggiare luminescente, come se il loro chiacchiericcio fosse in grado di proiettarsi al di fuori del corpo che li ha generati, dando vita ad un gioco di ombre luminose, quasi degli spettri, che risulteranno essere l’unico tocco di colore in questa mostra, le cui tonalità dominanti saranno il nero, il bianco e tutti i possibili grigi.
Di Bruna Esposito sarà presente il video “Senza titolo. Dvd per la proiezione di un’ombra”, dove l’ombra di una bandiera che sventola, ripresa da una camera fissa, continua a muoversi, solitaria e sollecitata da una brezza indicibile, senza sosta, si sbraccia ostinata nel suo messaggio silenzioso.
Il percorso della mostra si chiude con un grande lavoro realizzato per l’occasione da Yari Miele che da sempre si interessa a fenomeni quali la fluorescenza, la catarifrangenza e la luce in generale, presa in considerazione in tutte le sue possibili declinazioni. Nell’ultima sala, grazie all’alternarsi delle due condizioni, luce e buio risulteranno essere protagonisti della scena. Ancora una volta gli elementi primi del lavoro, che si regge su strutture ben salde dotate di forma e sostanza vivono nell’ombra e dell’ombra pur essendo spazio di luce.

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