Probabilmente vi sembrerà inverosimile (a me lo sembra ogni volta) ma quando tutto sta per finire, dopo che per settimane o addirittura mesi hai passato le giornate a maledire qualcosa o qualcuno, dopo che hai sperato in alluvioni e tempeste che potessero far fuggire tutti e lasciarti finalmente da solo, dopo aver inseguito, uno dopo l'altro, i traguardi intermedi disseminati lungo il cammino (2 Giugno, Notte Rosa, Ferragosto, Motomondiale...) e averli superati con una lentezza esasperante, dopo aver versato litri di sudore e trattenuto lacrime di rabbia, dopo aver nutrito l'angoscia che alberga in petto dal primo all'ultimo giorno senza riuscire mai a soddisfarne l'appetito, dopo che hai accettato vigliaccamente il fatto di non avere mai un'ora o un minuto da dedicare ad altro, dopo tutto questo cosa accade? Qualcosa di così strano, incoerente, incredibile, assurdo, che non riesci nemmeno ad arrabbiarti ma solo a ridere di te stesso: una grande nostalgia.
Non dura molto, sono più che altro delle scariche che trafiggono il cuore facendolo lampeggiare e che non lasciano strascichi particolari se non una grande perplessità e qualche domanda su te stesso alla quale non riesci a rispondere.
Sono arrivato alla conclusione che si tratti di un sentimento simile a quello che nasce tra ostaggi e sequestratori costretti ad una lunga convivenza. Mi rendo conto che l'accostamento possa sembrare irriverente ma penso anche che renda bene l'idea.
Abbiamo chiuso ma ho ancora molte cose da raccontare, tutte quelle di cui non ho scritto in queste ultime settimane. E anche dopo che avrò finito, cercherò di mantenere vivo questo spazio. Nessun arrivederci alla prossima stagione quindi, chi fa questo mestiere non può permettersi di rompere il cerchio, almeno per tutto il tempo in cui continuerà a farlo. Si torna sempre allo stesso punto, per superarlo una volta di più.
Le vacanze degli altri