Ombre su Napolitano che ha impedito di far ascoltare le intercettazioni sulla trattativa Stato-mafia

Creato il 25 aprile 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Nessun gesto elegante da parte di G. Napolitano. Trattandosi di presidente della repubblica, i suoi poteri hanno dei limiti, fissati dagli articoli 84 e 90 della Costituzione. Non è un monarca a legibus solutus, al di sopra cioè di qualunque norma.
La Cassazione ha sentenziato e le celebri intercettazioni fra Napolitano e Mancino sono state distrutte. Non era indagato Napolitano, ma nemmeno dovrebbe avere nulla da nascondere, proprio perché è il capo dello Stato e come tale non può lasciare ombre dietro di sé. La Cassazione si cura della correttezza formale, la coscienza di G. Napolitano della sostanza.
Oggi chiunque può pensare che quelle intercettazioni capitate non intenzionalmente nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia contenessero qualcosa di sgradevole, anche non penalmente, per Napolitano. Il giornale La Repubblica, non da solo, anzi, ha scatenato un bombardamento retorico senza limiti pur di coprire di infamia chi avrebbe voluto ascoltarle.
Ma certo la rielezione di G. Napolitano era messa in conto da tempo. Era una possibilità da non scartare. Un vero presidente non avrebbe avuto timore di far ascoltare le intercettazioni. Gli intenti erano altri: garantire la possibilità della sua rielezione. Il testo seguente proviene dal sito www.diritto.it

Cassazione: distrutte le intercettazioni fra Napolitano e Mancino

Pubblicato in Sentenze in data 24/04/2013

Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 18373 del 22 aprile 2013 i giudici di legittimità pongono fine ad una questione che era stata avanzata anche dinanzi alla Consulta, respingendo il ricorso della difesa dell’imputato a cui vantaggio potrebbero essere state le intercettazioni.

Esse avevano ad oggetto conversazioni registrate fra il Presidente Napolitano e l’allora Ministro dell’Interno Mancino, nell’ambito dell’inchiesta sulle trattative fra Stato e mafia.

Sul punto la Cassazione, conformandosi alle direttive della Corte costituzionale, che aveva risolto il conflitto di attribuzioni, ha affermato che non sussiste alcun diritto all’ascolto così come invocato dalla difesa dell’imputato nel procedimento.

La procedura camerale tra la parti, proseguono gli ermellini, è applicabile per le ipotesi di violazioni di norme processuali, mentre risulta preclusa nel caso in cui vi siano state violazioni di ordine sostanziale riconducibili a diritti e interessi di rilievo costituzionale, poiché l’accesso alle parti potrebbe far venir meno la ratio della tutela riconosciuta.

Lo stesso avverrebbe, avvisano i magistrati, se si trattasse di registrazioni riguardanti le conversazioni tra l’imputato e il suo difensore e in altre ipotesi analoghe in cui potrebbe esserci un vulnus costituzionalmente rilevabile.

Infatti, come la stessa Corte costituzionale aveva precisato, i principi tutelati dalla Costituzione, fra cui la garanzie della figure istituzionali (in primiis il Presidente della Repubblica) non possono essere sacrificati in nome di un’astratta simmetria processuale.

Perciò le intercettazioni sono state distrutte dal GIP.

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