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Omnium Gatherum – “Beyond”

Creato il 26 marzo 2013 da Giacomo @giacomogbianco

359995Torniamo subito alla grande con il nuovo album degli Omnium Gatherum, intitolato Beyond. Il gruppo finlandese ci propone un Melodic Death Metal molto sofisticato, costituito da numerose incursioni Progressive Metal, su cui si dipanano bellissime melodie chitarristiche, nonché un groove molto buono e valido.

Ma passiamo subito all’analisi track-by-track. Il primo brano è Luoto, un’intro strumentale che si apre con un bellissimo arpeggio in crescendo. Quando irrompe la potenza musicale, le tastiere si notano subito, dal momento che sono in primo piano, sia per una questione stilistica, che per il volume con cui sono state mixate. La batteria in questa traccia sembra sempre mai partire, che stenti, e questo anche grazie ai tempi dispari. L’assolo è molto melodico ed è sorretto da un bel groove di fondo. Carina la parte in cui la cassa incita il ritmo, abbellita dagli arpeggi di cui prima. La seconda traccia è New Dynamic, il più bel brano dell’album senza dubbio. Introdotta da un giro di tastiere “dinamico”, si apre con uno stupendo riff di chitarra seguito da un break altrettanto bello e eterogeneo, potente e melodico. La voce è un growl che vagamente può ricordare gli Amon Amarth, mentre il basso ci regala sempre ottimi fills a salire. Il ritornello è costituito da una bellissima melodia di chitarra, quasi epica, accompagnata sempre da un martellante duo doppia cassa-basso. Segue poi una parte melodica con voci pulite alternate a quelle growl, preludendo ad un pezzo molto prog, ritmicamente scandito dalla batteria che aumenta il tiro man mano che cresce, accompagnata da un basso onnipresente e molto efficace. Grandissimo solo a questo punto, molto melodico, su cui si chiuderà poi la canzone. Ottimo brano, scusate se mi sono dilungato ma meritava! Il terzo brano è In the Rim, caratterizzato da un inizio potente. Il verso è pestato e martellante, mentre il ritornello è volutamente un po’ vuoto, almeno fino a che non irrompe il basso. Arriviamo così al cambio con una voce pulita, quindi un solo melodico per finire. Nightwalkers, la quarta traccia, inizia in sordina per poi incazzarsi con la doppia cassa continua, con un riff di derivazione quasi Symphonic Black Metal. Il growl si fa più cavernoso. Il riff del ritornello è memorabile, sia per la sua bellezza che per la sua drammaticità. Un intramezzo costituisce la parte centrale, dove il basso è accompagnato da arpeggi molto carini. Chiude con il ritornello, caratterizzato dalla presenza di campane a sfumare. Molto carino, altro brano degno di nota. La quinta canzone in scaletta è Formidable, introdotta da una brevissima sessione di arpeggi acustici che preludono ad un brano che, tendenzialmente, dalle prime note è già più orecchiabile. E infatti, CVD, il verso appare abbastanza scialbo, senonché sono di nuovo le melodie delle chitarre a salvare il tutto. L’intermezzo con solo di basso enfatizza la componente progressive del gruppo. Con The Sonic Sign cambiano le sonorità, più elettroniche, e ricordano da subito l’impatto della seconda, stupenda traccia. La canzone è veloce e potente. La cattiveria dell’esecuzione è più accentuata rispetto gli altri brani finora ascoltati, e per questo lo rendono il brano più cattivo. Tuttavia colpisce di meno, forse perché manca quella componente melodica che fino ad ora era stata la prerogativa del disco ed infatti gli assoli di chitarra e tastiera sono meno melodici del solito. L’ottavo brano è Who Could Say che inizia dolcemente con una chitarra arpeggiata e riverberata. Il primo impatto è abbastanza devastante nel senso che, nel momento in cui irrompe l’intero gruppo ma soprattutto la voce pulita, il brano è spaventosamente calmo, lontano anni luce da cosa può significare melodic death, addirittura quasi pop nel suo incedere. Il ritornello, però, è cantato in growl, potente ma lento. Il brano è carino soprattutto per la cura degli arrangiamenti, ma non convince appieno per l’eccessiva calma. Grazie ad un cambio centrale, le chitarre finalmente si fanno cattive ed urlano armonici a tutto andare. Arriviamo così all’ottava The Unknowing, che dopo un’intro delicata che a me ha ricordato qualcosa dei Coldplay (?!?), irrompe con un riff molto bello, che ricorda moltissimo i conterranei Wintersun, epico e maestoso. L’assolo è molto bello e si propone come la ciliegina sulla torta di un brano assai variegato e maestoso. Il finale è più dolce, con piano e chitarra pulita. Gran bel brano, a poca distanza dal New Dynamic. Il nono brano è Living in Me, di nuovo energico e melodico, con alcuni soluzioni nel sound decisamente moderne, anche se il solo sarà sempre molto bello ed epico. Buoni i fills di basso e carino il secondo assolo, più veloce e in sweep. L’ultimo brano è White Palace, un brano molto lungo, introdotto alla Brave New World. L’incedere e fin da subito lento ma poi potente, successivamente viene ripresa la melodia dell’intro e così può partire la voce parlata. Bisogna sottolineare che il brano non possiede molto mordente ed è eccessivamente ripetitivo. Il giro di tastiere è quasi ipnotico e si gioca tutto su tre note in croce. Il “solito” solo tira su le sorti del brano, in un bellissimo coinvolgimento col basso, ma proprio quando il solo dovrebbe esplodere del tutto riparte l’intro con abbellimenti di basso. La chiusura è in crescendo, con dei buoni stacchi, ed alla fine sono le tastiere a creare un’atmosfera rarefatta ed elettronica.

L’album parte con le prime due tracce come se avesse dalla sua tutti i crismi per farsi acclamare come un potenziale disco dell’anno. Personalmente lo trovo molto bello, anche se ascoltato più volte alla lunga stanca. Eccezione fatta per New Dynamic e The Unknowing, due gemme assolute, gli altri brani (tranne quello più pop) “purtroppo” si giocano sempre sulle stesse soluzioni: ritmiche cattive e soli ultramelodici, anche se punto di forza indubbio dell’intero album. Il basso ci ha regalato ottime soluzione, in un ruolo che di solito, è relegato in seconda (o terza linea). La voce growl è potente ma non moltissimo espressiva, mentre quella parlata non ha destato sensazioni degne di nota. La batteria invece svolge onestamente il suo mestiere, dimostrando di saperlo fare bene, ma senza strafare nel mondo più assoluto. In conclusione, al primo ascolto potrà sembrare un capolavoro, ma ascoltando più volte e più attentamente scema un po’ questa sensazione e ci si accontenta, per modo di dire, solamente di un grande album.

Traclist:

  1. Luoto – 3:32
  2. New Dynamic – 4:56
  3. In the Rim – 4:52
  4. Nightwalkers – 8:15
  5. Formidable – 4:54
  6. The Sonic Sign – 4:36
  7. Who Could Say – 4:45
  8. The Unknowing – 5:58
  9. Living in Me – 4:41
  10. White Palace – 10:41

Line up:

Markus Vanhala – guitars

Jarmo Pikka – drums

Aapo Koivisto – keyboards

Jukka Pelkonen – vocals

Joonas Koto – guitars

Erkki Silvennoinen – bass

 Voto:

3-stelle-e-mezza



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