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Omosessualità e religione a cura della dr. Ilaria Peter Patrioli

Da Psicologiagay
 

Com’è considerata la popolazione omosessuale dalla Chiesa cattolica, dall’Islamismo e dal Buddismo? L’atteggiamento di queste tre confessioni rispetto all’orientamento omosessuale è pressocché simile – pur in termini molto diversi – sebbene esistano alcune divergenze all’interno di ogni religione o insegnamento religioso.

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Per agevolare la comprensione di questa tematica, riportiamo uno schema elaborato dal sito ReligiousTolerance.org e pubblicato da Notiziegay.com. Come si vede dalla figura a lato, viene confrontato l’atteggiamento delle tre grandi religioni (Cattolicesimo, Islamismo, Ebraismo) e dell’insegnamento buddista rispetto a comportamenti diversamente dibattuti: tra questi, appunto, l’omosessualità. Ad ogni comportamento in questione (ad esempio, sesso prematrimoniale, aborto, etc..) sono assegnate 5 scale (consentito, non consentito, posizione neutrale, condannato…), associate ad un colore diverso (rosso, arancione, giallo, etc…). Sostanzialmente, secondo lo schema, l’orientamento omosessuale sarebbe ben visto soltanto dal Buddismo. In realtà, come vedremo più avanti, la questione è un po’ più complessa.

La Chiesa cattolica ha pronunciato a chiare lettere la ferma opposizione a legittimare le unioni tra persone dello stesso sesso. A livello teorico, la Chiesa distingue la tendenza omosessuale (descritta come innata) dagli atti omosessuali (legati alla volontà e, quindi, ai quali la persona può rinunciare, in quanto contrari alla procreazione). In altre parole, la Chiesa cattolica non condanna l’orientamento omosessuale ma disapprova i comportamenti omosessuali, incoraggiando alla castità.

Come la Chiesa cattolica, anche l’Islam ha rivolto la sua attenzione agli atti omosessuali piuttosto che all’amore tra omosessuali, pur usando strumenti di impedimento ben più gravi. L’Islam, infatti, si interessa di giudicare e reprimere i comportamenti piuttosto che i desideri sessuali. In particolare, condanna il rapporto anale  – con donne o uomini indifferentemente – in quanto peccato grave [http://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualità_e_Islam].

Il concetto di orientamento omosessuale, dunque, non è riconosciuto nella legge islamica (Sharia).

E’ opinione comune che l’omosessualità rappresenti una violazione della Sharia. Ricordiamo che in numerosi stati islamici i comportamenti omosessuali sono puniti con sanzioni corporali (come gli atti di adulterio), pene detentive in carcere fino alla pena di morte [http://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualità_e_Islam].

Secondo la traduzione di Abdullah Yusuf Ali, il Corano afferma che i rapporti omosessuali sono proibiti. Negli ultimi tempi, tuttavia, sono state pronunciate parole di apertura nei confronti dell’omosessualità da parte di alcuni studiosi islamici moderati, durante una conferenza dell’organizzazione non governativa Arus Pelagi. Tali studiosi hanno dichiarato che l’omosessualità è naturale e creata da Dio, quindi, non esiste incompatibilità tra omosessualità e religione islamica. Secondo tali studiosi ogni tipo di condanna dell’omosessualità da parte dei musulmani si baserebbe su interpretazioni erronee dell’insegnamento musulmano. L’omosessualità sarebbe permessa dall’Islam quando nel Corano (49.3) asserisce che “tutti gli uomini e le donne sono uguali, a prescindere dall’etnia, dal ceto, dalla posizione sociale e dall’orientamento omosessuale”. In questa occasione, numerosi musulmani conservatori hanno reagito con affermazioni di condanna ed ostilità [http:www.notiziegay.com/?p=37629].

L’insegnamento buddista, pur avendo espresso una critica più o meno aperta della condotta omosessuale, raccoglie in sé diverse scuole di pensiero (buddismo cinese, giapponese e Nichiren), che presentano alcune diversità di vedute in tema di omosessualità. Sostanzialmente, il Buddismo critica l’attaccamento al sesso, senza distinguere tra quello etero e omosessuale. Presso alcune scuole, qualsiasi attività sessuale è vista come un’illusoria fonte di attaccamento e di sofferenza, per cui si incoraggia ad una vita moderata o all’astinenza sessuale, a prescindere dall’orientamento. La condanna di alcune scuole buddiste dell’omosessualità per i laici è uno sviluppo del tardo buddismo, non giustificata da scritti nei canoni antichi. Alcune minoranze considerano l’omosessualità una malattia o una forma di travestitismo. D’altra parte, alcuni esponenti buddisti in Asia hanno accettato e promosso l’omosessualità. Anche il Buddismo tibetano, come cattolicesimo e islamismo, si concentra sui comportamenti sessuali più che sull’amore omosessuale. Per questo, nella visione tradizionale, gli organi maschili e femminili sono visti come idonei per essere compatibili, mentre quelli dello stesso sesso sono ritenuti non idonei. [http://it.wikipedia.org/wiki/Omosessualità_e_buddismo]. Attualmente, i paesi di tradizione buddista non criminalizzano l’omosessualità, ad eccezione di Birmania e Sri Lanka. Il Dalai Lama, pur essendo una persona estremamente illuminata e pacifica, si dimostra su questa tematica un tibetano tradizionale, di vedute arretrate rispetto all’omosessualità. In effetti, nonostante ultimamente si sia pronunciato in maniera aperta e tollerante nei confronti dell’omosessualità e contro ogni forma di discriminazione, si ritiene che il Dalai Lama consideri tuttora come sbagliata l’omosessualità (nel 1997 dichiarò che il sesso omosessuale è un’erronea condotta sessuale), pur non affermandolo apertamente in pubblico [http://notiziegay.com]

A cura della Dr. Ilaria Peter Patrioli


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