Ecco che cosa si intende per omotossicologia. Ce lo spiega il dipartimento scientifico Guna.Per tutte le vostre domande vi aspettiamo in farmacia da noi!
UN PONTE TRA L’OMEOPATIA DI HAHNEMANN E L’ALLOPATIA DEL 2000
Al giorno d’oggi, la crescente consapevolezza dei pazienti e la diffusione sempre maggiore del concetto di “libertà di cura” hanno portato all’attenzione di Medici e Farmacisti le Medicine non convenzionali. La maggior parte di queste metodiche terapeutiche ha sempre pagato lo scotto di una scarsa “scientificità” rispetto alla Medicina tradizionale, ma fortunatamente questo non è sempre vero. Una dimostrazione di questa affermazione viene proprio dall’Omotossicologia. Nata dal genio di Hans Heinrich Reckeweg negli anni ’40 del secolo appena trascorso, l’Omotossicologia si configura come un vero e proprio ponte tra Omeopatia Classica e Medicina Moderna, interpretando la filosofia terapeutica hanhemanniana alla luce dei concetti biochimici propri della scienza moderna. Sempre in quest’ottica di sinergia delle conoscenze, la farmacopea omeopatica si è arricchita, grazie a Reckeweg, di nuovi farmaci, rivoluzionari dal punto di vista di entrambe le Medicine, come i catalizzatori intermedi, gli allopatici omeopatizzati e i preparati composti, formulati, questi ultimi, in modo da possedere sinergismo, complementarietà, completezza d’azione (principio di Bürgi). Omotossicologia significa “studio delle omotossine”, ossia dei fattori tossici per l’organismo umano. Secondo Von Bertanlanffy, il nostro organismo può essere visto come un sistema di flusso, attraversato continuamente da un’enorme quantità di tossine esogene (microrganismi, tossine alimentari, fattori di inquinamento ambientale, etc.) ed endogene (metaboliti intermedi e cataboliti) che in condizioni fisiologiche, cioè di buona reattività ed efficienza dei sistemi emuntoriali, non interferiscono con l’omeostasi dell’organismo. Ciò che viene comunemente denominato salute, dunque, non è altro che un equilibrio dinamico. Le malattie sono l’espressione della naturale tendenza dell’organismo al mantenimento o ripristino della sua omeostasi ristretta, cioè del tentativo di compensare e, possibilmente, rimediare ai danni provocati dalle tossine.Sulla base dell’entità dell’aggressione e dell’integrità delle difese autologhe (Sistema della Grande Difesa), Reckeweg ha suddiviso le manifestazioni patologiche in sei stadi (fasi) di gravità progressiva, classificandole nella sua Tavola delle Omotossicosi. Si distinguono 2 fasi cosidette Umorali, 2 fasi cosidette della Sostanza Fondamentale e 2 fasi cosidette Cellulari. Le FASI UMORALI rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi è favorevole, in quanto espressioni di una buona reattività. Troviamo: a)-la Fase di escrezione: le tossine non arrivano neanche in contatto con le cellule epiteliali delle mucose, ma vengono inglobate ed espulse con le secrezioni fisiologiche. b)-la Fase di reazione (o di Infiammazione): grazie al processo dell'infiammazione, l'organismo neutralizza prima, ed espelle poi, le tossine entrate nel sistema di flusso.Le FASI DELLA SOSTANZA FONDAMENTALERappresentano situazioni patologiche in cui il carico omotossinico è localizzato, dapprima, a livello della matrice e poi, stante la situazione di “ingottamento” connettivale, a livello cellulare. E’ bene precisare che l’intossicazione cellulare segue un andamento bidirezionale, nel senso che essa può essere il risultato dell’impreganzione di omotossine che superano il livello di “contenimento” dello spazio interstiziale, così come il risulato della difficoltà della cellula di eliminare i cataboliti endocellulari a motivo dell’”inquinamento” mesenchimale. c)-la Fase di deposito: in questo stadio di malattia l'organismo, nell'intento di mantenere inalterato il suo equilibrio, accantona a livello connettivale quelle tossine che gli emuntori, in prima battuta, non sono riusciti ad espellere, e che la successiva, compensatoria, fase di reazione non è riuscita a neutralizzare. Diventa patologica quando essa si espande in quanto non più sufficiente a mantenere l’equilibrio (per es. la cellulite) d)-la Fase di impregnazione: a partire da questa fase le tossine sono localizzabili non più a livello del mesenchima ma del parenchima; infatti esse vengono canalizzate a livello organico verso un "locus minoris resistentiae" espressione di una meiopragia costituzionale o iatrogenica. Inglobate a questo livello, in parenchimi nobili, iniziano a destrutturare la cellula attaccando per primi i suoi meccanismi enzimatici. Le FASI CELLULARI
rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi non è più favorevole, in quanto espressioni della scarsa reattività tipica di una alterazione lesionale. Si distinguono: e)-la Fase di degenerazione: il perdurare dell'accumulo di tossine di impregnazione determina, dopo il parziale blocco enzimatico, il danno dell'organulo intracellulare, e la conseguente degenerazione dei tessuti. f)-la Fase di dedifferenziazione: la stimolazione infiammatoria cronica della cellula può determinare la sua sdifferenziazione in cellule anomale che, anche per il contemporaneo indebolimento-sovvertimento delle difese organiche, prenderanno il sopravvento sull'intero organismo.Reckeweg attribuisce un’importanza fondamentale al processo infiammatorio (fase di reazione), identificandolo non più con un fenomeno negativo, da bloccare, bensì come egli stesso diceva, il sacro fuoco attraverso il quale il corpo umano brucia le tossine. A questa interpretazione positiva si va ad aggiungere la riflessione che l’interruzione forzata (con FANS, corticosteroidi, antibiotici, chemioterapici) dell’infiammazione ne impedisce l’evoluzione fisiologica dalla fase acida a quella alcalina, dalla solubilizzazione alla gelificazione del connettivo. Questo si traduce in un accumulo, nel connettivo, di tossine parzialmente combuste o incombuste, che rimangono intrappolate dal processo di gelificazione senza poter essere eliminate. Dal momento che la fase di gelificazione è caratterizzata anche da una forte sintesi proteica, è evidente che dal blocco dell’infiammazione può risultare la formazione di molecole ibride in parte self e in parte not self, foriere del progressivo spostamento del quadro clinico dalle fasi umorali alle fasi cellulari. La farmacologia omotossicologica non ha quindi lo scopo di sopprimere le malattie, bensì quello di supportare l’organismo nella sua lotta fisiologica, stimolandone la reattività e la capacità di eliminazione tossinica. La diluizione dei principi attivi contenuti nei farmaci omotossicologici, infatti, innesca l’inversione dell’effetto “ponderale” (cioè l’effetto che si avrebbe a dosi più alte), inducendo le reazioni enzimatiche (secondo la legge di Michaelis-Menten: basse dosi di substrato accelerano le cinetiche enzimatiche) e stimolando il sistema immunitario (la similitudine con gli agenti eziologici o con le tossine causali innesca la reattività).In altre parole i farmaci omotossicologici servono da innesco alla reazione fisiologica del nostro organismo contro le malattie: la moderna immunologia ha dimostrato che la risposta anticorpale, pur se specifica per l’antigene scatenante, può dirigersi anche verso bersagli “simili”. Gli “antigeni omotossicologici” vengono neutralizzati immediatamente (dal momento che sono presenti in quantità infinitesimale) dopo aver assolto la loro funzione di “miccia” per la reazione immunitaria. In medio stat virtus dicevano i nostri antenati latini e, sulla base di questo concetto di equilibrio e di sinergia tra vecchio e nuovo, l’Omotossicologia fonde il meglio di due mondi in una nuova e moderna filosofia terapeutica. Dipartimento Scientifico Guna