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Ebbene sì, lo avrebbe riconosciuto. Ne aveva anche parlato con sua madre una volta e lei, teneramente, aveva riso di lei. Non poteva sapere, sua madre, che c’era un preciso motivo per quella sua sicurezza, e così Olivia aveva stretto i denti e l’aveva lasciata sorridere senza insistere più di tanto. Quella che sua madre riteneva essere una sciocchezza da adolescente era invece possibile. Olivia sapeva esattamente quello che avrebbe dovuto fare. Era un segreto che le aveva rivelato la sua povera nonna, proprio una notte di Halloween di molti anni prima. Da quando poi la nonna se n’era andata in cielo, Olivia era rimasta l’unica a conoscerlo. Non lo aveva mai rivelato a nessuno, lo aveva conservato gelosamente in fondo al suo cuore e, finalmente, quella stessa notte ne avrebbe verificato il potere. Avrebbe messo in pratica l’insegnamento della nonna. Avrebbe visto il volto di colui che un giorno sarebbe divenuto suo marito. Dove solo attendere la mezzanotte e sperare che a quell’ora tutti se ne fossero già andati a dormire. Quello di cui aveva bisogno erano una candela e uno specchio. Aveva già ripetuto migliaia di volte con la fantasia i passi che avrebbe compiuto quella notte. La candela l’avrebbe trovata nel cassetto della cucina, al piano di sotto. Lo specchio, beh, per quello era ancora più facile: Olivia ne aveva uno bello grande proprio in camera sua. Come accendere la candela era un problema che aveva già risolto da qualche giorno, sottraendo non vista una scatola di fiammiferi dalla cucina e nascondendola nel suo armadio, nella tasca interna di un cappotto.
Le ore che la separavano dal momento cruciale sembravano interminabili. Le aveva trascorse camminando su e giù per la stanza, immersa nel buio. Aveva spento subito la luce, lasciando credere ai suoi genitori di essere andata a letto. Il letto in realtà non lo aveva nemmeno toccato: non poteva per nessun motivo rischiare di appisolarsi e di farsi sorprendere addormentata dalla mezzanotte, ormai così vicina.Camminava su e giù per la stanza e così facendo ripensava alle parole della nonna. “Tutto quello che devi fare”, le aveva detto, “è accendere una candela, tenerla ben alzata davanti a te e, camminando all’indietro, dovrai arrivare fino ad uno specchio. A mezzanotte in punto dovrai voltarti, rivolgere lo sguardo allo specchio e, se sarai fortunata, vedrai il volto del tuo amato apparire sopra la tua spalla”. Il racconto della nonna era in realtà molto più lungo e complesso di come lei lo ricordava. C’era qualcos’altro che probabilmente la sua mente aveva rimosso ma, tutto sommato, quello che sapeva era più che sufficiente. Doveva solo attendere e, particolare non da poco, sperare che i suoi genitori se ne andassero a letto prima di mezzanotte. Fu fortunata. Erano le undici e mezza quando la luce proveniente dal basso smise di filtrare da sotto la sua porta. Olivia attese qualche minuto, poi agì delicatamente sulla maniglia. Un cigolio impercettibile accompagnò il lento movimento della porta, oltre la quale, proprio come sperava, vi erano solo tenebre. Le undici e quaranta. Venti minuti ancora. Erano abbastanza venti minuti per sperare che i suoi genitori si addormentassero? Avrebbe dovuto stare molto attenta. Un minimo rumore, una minima disattenzione e il piano sarebbe stato compromesso. Le undici e quarantacinque. Olivia aprì l’armadio e recuperò i fiammiferi dal loro nascondiglio. Le undici e cinquanta. Olivia uscì dalla stanza e affrontò il buio del corridoio. Quello era il momento più critico: doveva assolutamente evitare di inciampare scendendo la lunga scalinata fino al piano di sotto. Quel pomeriggio aveva provato il percorso, scendendo le scale con gli occhi chiusi, ma le vere tenebre erano un'altra cosa.
Un passo dopo l’altro raggiunse il ballatoio. Si aggrappò al corrimano. Proprio davanti a sé c’erano ventidue gradini, e lo sapeva perché li aveva contati in precedenza. Con estrema cautela, con la fronte imperlata da un sudore freddo, raggiunse il piano inferiore. La porta della cucina era pochi passi avanti sulla destra, la raggiunse e a tentoni entrò nella stanza. Pochi passi ancora e poté accendere un fiammifero, certa che la fiammella, da quella posizione, non potesse essere notata.Una luce fioca illuminò la stanza. Trovò la candela nel cassetto della cucina, proprio come aveva previsto, e con un rapido gesto accostò il fiammifero allo stoppino. La parte più complessa sarebbe arrivata in quel momento: non solo doveva ritornare in camera camminando all’indietro, ma doveva in qualche modo evitare che la luce della candela, illuminando i suoi passi, potesse attirare l’attenzione dei suoi genitori, forse ancora non del tutto addormentati. Non poteva far altro che rischiare. Mosse i suoi primi passi a ritroso e varcò nuovamente la soglia della cucina. Cercò di mascherare in qualche modo con la mano la fiamma della candela, ma si rese subito conto che non era una soluzione completamente affidabile. Non poteva guardarsi indietro e per tal motivo rischiò di inciampare quando era appena alla base della scala. Si guardò attorno per un attimo e, per la prima volta quella sera, si rese conto di avere paura. La fiammella proiettava strane ombre tutto attorno a lei, ombre che non le sembravano appartenere a questa terra. Ebbe per un attimo l’impressione che qualcosa si muovesse nella stanza, ma fu probabilmente il tremolio della fiamma ad ingannarla. Il terrore aveva già del tutto preso il posto del suo entusiasmo, ma ormai non poteva più rinunciare. Fece un passo all’indietro e pose il piede sinistro sul primo gradino della scalinata, poi fu la volta del piede destro. Saliva lentamente e, più si avvicinava alla sua destinazione, più l’angoscia che fino a quel momento le era stata sconosciuta la prese con sé. Per un attimo le vennero dei dubbi: c’era qualcosa nel racconto della nonna che non le tornava in mente, un particolare, qualcosa che la sua mente aveva rimosso, ma che in quel momento sentiva fosse incredibilmente importante, qualcosa di cui avrebbe dovuto tenere conto.
Era la sua immaginazione o cos’altro, quel brivido che aveva sentito scorrerle lungo la schiena? Si bloccò a metà delle scale e respirò profondamente. Cosa le aveva raccontato la nonna? Perché non riusciva a ricordare? Era qualcosa di orribile, di questo ormai non aveva più dubbi. Per un attimo rifletté su quello che stava facendo ma, che diamine, aveva progettato tutto nei minimi particolari, in fondo era solo un gioco, si ripeteva. Riprese la salita e, un passo dopo l’altro, raggiunge la sua stanza. Continuando a camminare all’indietro Olivia superò la soglia e chiuse la porta davanti a sé. Era fatta, adesso era al sicuro. Al sicuro? Lo specchio era esattamente dietro di lei. Ancora qualche passo e avrebbe potuto voltarsi e… ancora quel brivido. Lo specchio! Si rese conto improvvisamente che era la visione dello specchio ciò che le stava trasmettendo quel senso di inquietudine. Avrebbe finalmente visto il viso del suo amore? Questo era quello che le aveva detto la nonna, ma allora, allora perché stava tremando? Rimase pietrificata in quella posizione per un tempo imprecisato, indecisa se rivolgere lo sguardo allo specchio oppure correre fuori dalla stanza senza voltarsi e, urlando, precipitarsi nel letto dei suoi genitori.
Si voltò. Lo specchio era lì, pochi passi davanti a lei. La luce della candela, seppure a fatica, rischiarava la stanza donandole un’atmosfera quasi irreale. Vide la propria immagine riflessa, nient’altro che la propria immagine. Si avvicinò per guardare meglio. Il lato sinistro della sua figura, notava, era leggermente in ombra. Ma c’era qualcos’altro che non tornava nell’immagine che aveva di fronte, qualcosa che il suo cervello in quell’istante non riusciva a mettere a fuoco. Quando poi finalmente lo fece, Olivia provò l’orrore più grande che mai nessuno al mondo aveva provato. Un orrore indicibile, che le soffocò in gola il desiderio che aveva di urlare. Era troppo per lei, piccola ragazzina sprovveduta. Accennò a voltarsi per vedere con i suoi occhi se tutto ciò era reale. Ma non lo seppe mai. L’ultima cosa che vide fu una mano, dalle dita affusolate e le unghie ricurve, che si posava sulla sua spalla.
Cos’era successo quella notte in quella stanza? Quali sinistre potenze aveva evocato Olivia? Ma davvero volete che vada avanti a raccontare? Ahimè, ho paura che questa volta non potrò soddisfare la vostra curiosità, care lettrici e cari lettori. Delusi? No, dai, in fondo manca ormai pochissimo alla notte di Halloween e, se proprio siete curiosi, potete provare di persona: tutto quello che vi serve è uno specchio, una candela e una buona dose di coraggio. Se il primo di novembre sarete ancora qui, sarà per me un gran piacere se mi vorrete raccontare la vostra esperienza, laggiù nello spazio riservato ai commenti.Sappiate che la storia di Olivia, che ho scritto apposta per poter festeggiare con voi “la notte delle streghe”, non è completamente inventata. Essa affonda le sue radici in una pratica che era molto diffusa negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, una pratica che veniva eseguita dalle giovinette in età da marito, solitamente nella notte di Halloween.Secondo la leggenda, se una ragazza avesse osservato con particolare intensità la propria immagine nello specchio, il volto di quello che sarebbe divenuto un giorno il suo sposo le sarebbe apparso riflesso al di sopra della spalla. Affinché ciò accadesse era necessario rispettare alcune regole fondamentali che, a seconda delle varie versioni della storia, potevano variare leggermente. Lo specchio era, ovviamente, la prima regola: la ragazza doveva osservare la sua immagine in uno specchio, che poteva essere un grande specchio appeso alla parete oppure un piccolo specchio, di quelli con il manico, che usavano le damigelle dell’epoca per incipriarsi il naso. La candela era la seconda regola: la ragazza doveva reggere davanti a sé una candela, unica sorgente di luce all’interno di una casa rigorosamente buia. La scala era la terza regola: la ragazza doveva effettuare quella che oggi chiameremo “divinazione” salendo una scala. Alcune versioni della leggenda sostenevano che un particolare indispensabile fosse il salire procedendo all’indietro. Che dite? C’è qualche damigella in età da marito tra i miei lettori che vuole provare? Sono bene accetti, come volontari, anche i giovanotti in età da moglie, anche se in quel caso non posso garantire il successo dell’operazione.Ah già, stavo per dimenticarmene… c’è un particolare importante che forse è bene che sappiate prima di correre a eseguire l’esperimento: quello stesso particolare che Olivia non riusciva a ricordare del racconto della nonna. Se per ipotesi, anziché il volto angelico del vostro amato, dovesse apparirvi quello scheletrico della Superna Mietitrice, allora significa che sarete destinate a morire prima del matrimonio. Ve la sentite ancora di provare?
Nessuno seppe mai quale fu la sorte che toccò ad Olivia. Quando la mattina successiva sua madre bussò alla porta della sua camera, di lei non c'era alcuna traccia. La stanza era in perfetto ordine, il letto intatto, come se mai nessuno vi avesse dormito. La casa venne setacciata inutilmente da cima a fondo. Porte e finestre erano chiuse, sigillate dall’interno: Olivia non poteva essere uscita. Olivia semplicemente era scomparsa. Non venne trovato in casa alcun indizio che potesse aiutare gli inquirenti a fare luce sul caso. L’unico oggetto fuori posto era una scatola di fiammiferi che la madre di Olivia trovò appoggiata sul tavolo della cucina.
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