Le indiscrezioni circolavano in rete da più di un mese, all'inizio si trattava di una voce isolata ma negli ultimi giorni, con l'annuncio di una conferenza stampa ufficiale si è capito che qualcosa di grosso bolle davero in pentola e alcune informazioni sta già filtrando... le notizie ufficiose riguardanti le due antenne gravitazionali americane LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory), parlano di chiari segnali da due diverse regioni celesti e, in un caso, si tratterebbe della fusione di due buchi neri stellari massicci (circa 30 masse solari ciascuno)!
In questa pagina seguiremo in tempo reale l'evento a partire dalle 16.30, aggiungendo i dettagli della scoperta man mano che vengono resi pubblici... nel frattempo i più curiosi possono leggere i due paragrafi in fondo all'articolo, dove si racconta cosa sono le onde gravitazionali, la storia e le tecnologie impiegate per rivelarle.
LIGO / VIRGO hanno appena confermato due importanti scoperte scientifiche:
la prima rilevazione diretta delle onde gravitazionali e la prima osservazione della collisione e fusione di una coppia di buchi neri.
L'evento catastrofico che ha prodotto onde gravitazionali, GW150914, ha avuto luogo in una galassia lontana più di un miliardo di anni luce dalla Terra. Una grande scoperta che segna l'inizio di una nuova era per l'astrofisica.
Link all'articolo originale: http://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.116.061102Nelle due conferenze sono state mostrate le seguenti slides che ci raccontano come l'evento sia stato stato osservato dalle due antenne LIGO lo scorso 14 Settembre, quando da noi era quasi mezzogiorno. A causa della distanza di 3000 km tra le due antenne, si è osservato uno sfasamento di 10 milllisecondi tra i due eventi. La probabilità che un simile segnale apparisse quasi contemporaneamente nei due rivelatori per caso è stimata in 2·10-7 ovvero un evento casuale ogni 203000 anni! In termini statistici, questo significa una significatività molto alta, pari a 5.1σ. Inoltre, i segnali di Hanford e Livingston hanno mostrato un modello simile, come ci si aspetterebbe, ed erano abbastanza forti rispetto il rumore di fondo per provenire da "fuori". La comprensione di questo rumore di fondo è stata proprio una parte essenziale delle analisi che ha coinvolto il monitoraggio di una vasta gamma di dati ambientali registrati in entrambi i siti, inclusi i movimenti di terra, le variazioni di temperatura e le fluttuazioni della rete elettrica.
Nella prima slide si vedono in dettaglio le due forme d'onda registrate nei due rivelatori (grafici in alto) messi a confronto con il modello teorico previsto (al centro) e in basso i residui (ovvero la differenza tra curva osservata e quella teorica); l'accordo è decisamente buono. Si noti come la deformazione relativa provocata dal passaggio dell'onda G nel rivelatore (strain) non supera il valore 10-21. inoltre, l'intero evento è durato meno di 2 decimi di secondo, praticamente un batter d'occhio!
Nella seconda slide qui sotto c'è una rappresentazione dell'intensità (falsi colori) in funzione del tempo e della frequenza e si vede come, in entrambe le antenne, c'è un deciso, caratteristico incremento di luminosità e di frequenza; questo aiuta a caratterizzare la natura e i dettagli dell'evento osservato, come mostrato nelle slides successive.
Qui sotto è rappresentato il fenomeno fisico che spiega il segnale osservato. Due buchi neri stellari rotanti di grande massa ( 36 e 29 masse solari) si sono prima avvicinati ruotando uno intorno all'altro sempre più rapidamente (e questo spiega l'aumento di frequenza) fino a fondersi insieme, generando un nuovo buco nero rotante di circa 62 masse solari (tali buchi neri rotanti sono stati previsti nel 1963 dal matematico Roy Kerr). Dopo la fusione, un debole segnale di "ring-down" è stato emesso mentre il buco nero risultante prendeva una forma meno schiacciata.
Il grafico qui sotto ci fa capire quanto violento sia stato l'evento; nelle concitate fasi finali, i due buchi neri ruotavano a una velocità superiore a metà della velocità della luce!
Naturalmente, come spiegato anche in fondo a questo articolo, una accelerazione così violenta su masse così grandi produce una gran quantità di onde gravitazionali e infatti, in questo processo, circa 3 masse solari (o quasi sei milioni di trilioni di trilioni di chilogrammi) sono state convertite in questa forma d'energia, secondo la celebre relazione di Einstein mostrata anche nell'ultima slide. Una cifra spaventosa se si pensa che di contro il Sole converte solo due miliardesimi di un trilionesimo della sua massa in radiazione elettromagnetica ogni secondo.
Si noti che la distanza stimata dei due buchi neri che si sono fusi è di 1.3 miliardi di anni luce (red shift = 0.09)e che nell'ultima frazione di secondo è stata emessa una potenza spaventosa (50 volte quella emessa dall'intero universo visibile) sottoforma di onde gravitazionali!
Oltre a dare l'ennesima conferma alle idee di Einstein (ammesso che ce ne fosse ancora bisogno), questa scoperta ci fa capire come siamo sempre stati ciechi di fronte a fenomeni così importanti, tanto da superare di decine di volte l'energia emessa da tutto l'Universo (sebbene per una frazione di secondo soltanto)! E questo è solo l'inizio, pensate quando entrerà in funzione LISA...
Un pò di Storia (e di Fisica)
Quella delle onde gravitazionali è una storia lunga e in passato ci sono stati già dei falsi allarmi riguardo alla loro rivelazione diretta, vediamo di ripercorrere alcune tappe fondamentali.
Nel 1905, in contemporanea con la pubblicazione della teoria della relatività ristretta da parte di Einstein, il fisico e matematico francese Henri Poincaré fu il primo a postulare l'esistenza di onde "gravifiche", responsabili dell'attrazione gravitazionale e che si propagano alla velocità della luce nel continuum spazio-temporale, in analogia con le onde elettromagnetiche che sono oscillazioni dei campi elettrici e magnetici (anche nel vuoto). Questa prima idea embrionale è però piuttosto fuorviante e poco ha a che fare con le vere onde gravitazionali postulate da Einstein 11 anni dopo, all'interno del quadro della teoria della relatività generale; questa, infatti, prevede che masse accelerate emettano radiazione, esattamente come avviene con le cariche elettriche accelerate.
Visualizzazione artistica delle onde gravitazionali emesse da una coppia di buchi neri vicini al "merging"; si noti la deformazione del tessuto spazio-tempo - Credit:T. Carnahan (NASA GSFC)
Per essere più precisi, tra le moderne teorie della gravitazione, lo schema teorico più accreditato sulla metrica dello spazio-tempo è quello di Einstein che si basa sul concetto matematico di "tensori"; la soluzione delle sue equazioni implica l'emissione di radiazione gravitazionale sottoforma di deformazioni oscillatorie dello spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce. Questa radiazione viene emessa solo da corpi in cui la massa è distribuita in modo fortemente disomogeneo (quindi sensibilmente distanti dalla simmetria sferica); la grandezza fisica che misura questa disomogeneità è il momento di quadrupolo. Quando il momento di quadrupolo di un corpo di grande massa subisce variazioni molto rapide è emesso un gran numero di onde gravitazionali, di intensità proporzionale alle accelerazioni in gioco e con la stessa frequenza del fenomeno periodico che le origina (la metà del periodo di rivoluzione per due masse orbitanti una attorno all'altra o il periodo di rotazione per un corpo disomogeneo).
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Quando poi una di queste onde incontra corpi liberi, le distanze tra questi prenderanno ad aumentare e diminuire ritmicamente con la stessa frequenza dell'onda, come mostrato qui sopra; questo si verifica nonostante tali corpi non siano sottoposti a una forza esterna nel senso classico. Il problema è che, essendo l'interazione gravitazionale enormemente più debole di quella elettromagnetica, sia la produzione che la rilevazione di simili onde è molto più ardua. Di fatto, è impossibile produrle in laboratorio e solo fenomeni astrofisici estremamente violenti e catastrofici su grande scala, come l'esplosione asimmetrica di una supernova o la fusione di due corpi collassati (stelle di neutroni o buchi neri) possono generare nella fase più drammatica onde gravitazionali con una energia sufficiente a creare effetti macroscopici nelle immediate vicinanze e a poter essere rivelate a grande distanza. In effetti, come vedremo nel paragrafo successivo, la tecnologia richiesta per rivelarle direttamente è quasi fantascentifica e questo spiega perchè ci siamo arrivati solo oggi, dopo quasi 60 anni di tentativi infruttuosi.
Tuttavia, le onde gravitazionali sono già state rivelate indirettamente da parecchi anni, osservando l'effetto che la loro emissione provoca sulla sorgente. L'esempio più celebre in questo senso è quello della pulsar binaria PSR B1913+16, che è valso il premio Nobel 1993 ai suoi scopritori R. Hulse e J. Taylor.
Ritardo sul tempo di periastro di PSR 1913+16 dovuto alla dissipazione di energia orbitale tramite onde gravitazionali, in perfetto accrodo con le previsioni della Relatività Generale (from Weisberg and Taylor (2004))
Tecnologie avveniristiche per la rivelazioneGiusto per dare l'idea dell'ordine di grandezza della sensibilità richiesta, fissiamo la nostra attenzione su un immaginario rivelatore lungo 1 metro e consideriamo l'effetto su di esso da parte di un'onda gravitazionale monocromatica, con una "larghezza di banda" di 1 Hz soltanto. I calcoli dimostrano allora che, in caso di esplosione di Supernova nella nostra galassia (evento relativamente raro), la variazione di lunghezza del rivelatore ammonterebbe a soli 10-18 metri (1 attometro), le dimensioni approssimative di un Quark! Peggio ancora se vogliamo vedere una esplosione di SN nell'ammasso della Vergine, stavolta scendiamo a 10-21m (1 zeptometro). In effetti, lo stesso Einstein riteneva pressochè impossibile riuscire a rivelare un'onda G.
Possibili sorgenti di onde G. al variade della frequenza - Credit: NASA Goddard Space Flight Center
I primi rivelatori di onde G non erano assolutamente in grado di raggungere la sensibilità richiesta. Essi erano realizzati con grossi cilindri di alluminio, isolati meccanicamente e fatti apposta per "risuonare" a una certa frequenza. Nel 1968, con uno di questi strumenti, J. Weber affermò di avere effettivamente osservato un segnale reale ma i suoi risultati non furono mai confermati e vennero criticati dalla comunità scientifica.
In seguito la tecnica e la sensibilità si sono affinate, inserendo questi cilindri in contenitori criogenici (per sopprimere il rumore termico) e accoppiati a sensibilissimi rivelatori superconduttori ("squid"); uno di questi, il NAUTILUS, si trova nei Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN ed è raffreddato a soli 0,15 K (temperatura record per masse così grandi).
Si arriva così ai moderni rivelatori interferometrici, costituiti da masse sospese all'estremità di lunghi tubi sottovuoto, percorsi ripetutamente da fasci laser che permettono di rilevare anche la più piccola oscillazione grazie al fenomeno di interferenza distruttiva dei raggi luminosi. Le principali antenne interferometriche funzionanti sono:
- LIGO: 2 rivelatori uguali (uno a Hanford, Washington e l'altro a Livingston, Louisiana) con 2 bracci lunghi 4 km;
- VIRGO: a Cascina (vicino Pisa), con 2 bracci lunghi 3 km;
- GEO600 vicino Hannover, in Germania, ha 2 bracci di 600m;
- TAMA300 nel campus Mitaka, in Giappone (300 metri).
Va detto che le antenne LIGO hanno subito di recente grosse modifiche hardware e, quando sono tornate a funzionare lo scorso Settembre, la loro sensibilità era nettamente migliorata. Lo stesso tipo di potenziamento sta avvenendo su VIRGO e nei prossimi anni si dovrebbero aggiungere alla schiera di antenne ultra-sensibile anche il KAGRA in Giappone, Einstein in Europa e probabilmente un'altra LIGO in India.