C’è grande fermento, da qualche mese, nella comunità degli astrofisici che si occupano di onde gravitazionali: tutta colpa di un tweet del settembre scorso, subito ripreso sulle pagine di Nature, nel quale il cosmologo Lawrence Krauss accennava a rumors – voci non confermate, dunque, indiscrezioni ufficiose non meglio attribuite – secondo le quali LIGO, il più grande osservatorio al mondo per le onde gravitazionali, avrebbe captato un segnale. Indiscrezioni, dicevamo, ribadite da un secondo tweet di lunedì scorso, di nuovo dello stesso Krauss e di nuovo non attribuite.
Ora, se davvero LIGO ha intravisto qualcosa, la tensione all’interno della collaborazione dev’essere altissima, ed è comprensibile. Da una parte c’è la pressione mediatica sempre più insistente, con il clima divenuto rovente dopo quest’ultimo tweet. Dall’altra c’è l’incubo dell’abbaglio, temutissimo sempre, ma se possibile ancor di più dopo le recenti figuracce internazionali con i neutrini superluminali di Opera e dell’impronta di onde gravitazionali – in quel caso, addirittura primordiali – nei dati di Bicep2. Ma rispetto alla già complicata situazione di tutti gli altri esperimenti al limite delle possibilità tecnologiche, i ricercatori della collaborazione LIGO/Virgo hanno un precedente in più con il quale fare i conti: Big Dog. Più precisamente, l’eventualità che – se davvero le voci di corridoio fossero confermate e dunque l’interferometro avesse captato un segnale – a generarlo non sia stato uno scontro fra buchi neri o qualche altro evento di portata cosmica, bensì una cosiddetta blind injection.
«Le blind injections sono dei segnali che riproducono i segnali gravitazionali che noi ci attendiamo, e che vengono inserite, all’insaputa di tutti (da cui appunto blind), nelle osservazioni», spiega a Media INAF Marica Branchesi, ricercatrice all’Università di Urbino, associata INAF e membro della collaborazione LIGO/Virgo. «È una procedura che è già stata utilizzata in passato, in una circostanza poi ribattezzata “Big Dog” [ndr: dal nome della costellazione nella quale avrebbe avuto origine la “finta onda”, quella del Canis Major]. Nel 2010 fu inserito nei dati di LIGO e di Virgo un evento che riproduceva il segnale di una coalescenza di una stella di neutroni e di un buco nero. Nessuno se ne accorse, e per un po’ di mesi la collaborazione ci lavorò sopra: sono state fatte le analisi, le interpretazioni ed è stato scritto addirittura un paper. E solo alla fine di questo duro lavoro è stata rivelata l’identità – falsa – dell’evento».
Insomma, una verifica rigorosa al limite del masochismo, come potrebbe essere una prova delle procedure antincendio che ci facesse restare in pigiama, al gelo e sotto la pioggia, per un’intera notte – anzi, per parecchi messi. Non ci fu un’insurrezione, fra le ricercatrici e i ricercatori della collaborazione? «No, perché siamo consapevoli che si tratta d’una procedura estremamente utile, soprattutto nel nostro caso: permette di testare procedure di analisi dati estremamente complicate. Poi non dimentichiamo che si parla di rilevazione diretta di onde gravitazionali: qualcosa di davvero importante, che confermerebbe dopo cento anni le predizioni di Einstein e aprirebbe un nuovo modo d’osservare l’universo. Quindi bisogna essere certi di avere rivelato veramente un’onda gravitazionale. Queste procedure servono proprio a questo. E devo dire che anche il mondo astronomico lo ha capito», garantisce Branchesi.
Già, perché a essere investiti dalle conseguenze di un’eventuale blind injection non sarebbero solo i fisici di LIGO-Virgo ma anche i tanti astronomi della collaborazione, fra i quali molti dell’INAF. «Nell’aprile del 2014, INAF ha firmato un accordo grazie al quale, quando un possibile segnale gravitazionale viene rivelato dagli interferometri di LIGO e Virgo, i ricercatori di INAF vengono avvisati e hanno accesso ai dati sulla stima della posizione in cielo da cui proviene l’eventuale onda gravitazionale. Su questa base si è avviato il progetto INAF Gravitational Wave Astronomy with the first detections of adLIGO and adVIRGO experiments», ricorda il PI del progetto stesso, Enzo Brocato, dell’INAF Osservatorio Astronomico di Roma.
«In caso di “alert” il nostro team INAF», spiega Brocato, «che lavora H24 (ed è composto da ricercatori di Napoli, Roma, Pisa, Urbino, Bologna, Padova, Milano), è in grado di recepire l’informazione e attivare le osservazioni ai telescopi, primo fra tutti il VST, che è in grado di ottenere rapidamente immagini profonde e dettagliate su un campo di 1 grado quadrato. Nel caso in cui questo telescopio, o altri di gruppi con cui collaboriamo, individuino degli oggetti (non noti) che abbiano variato la loro luminosità in modo significativo nelle ultime ore/giorni, siamo pronti ad attivare i telescopi della classe 4/8 metri e ottenere gli spettri per caratterizzarne la natura ed eliminare i tanti ‘falsi’ candidati che ci si aspetta di trovare in un area di cielo cosi vasta. Nel caso venisse identificato un candidato importante, si seguirebbe la sua evoluzione in tutte le bande elettromagnetiche, per ricavare tutti i dati possibili per studiare la fisica dell’evento combinando le misure gravitazionali ed elettromagnetici».
Ma anche questo imponente dispiegamento di forze, rapidissimo e su scala globale, potrebbe venire innescato da una blind injection? Ebbene sì, conferma Brocato: «Naturalmente, nel siglare l’accordo con la collaborazione LIGO/Virgo se ne accettano le condizioni. Edunque, anche quella della blind injection, che garantisce l’efficienza e l’affidabilità dell’apparato sperimentale e dei relativi canali di analisi dati. Questa procedura non dovrebbe sorprendere», osserva Brocato, «perché è utilizzata in diversi settori scientifici. Nel nostro caso, l’attivazione degli alerts avviene nel giro di poche ore dall’eventuale rivelazione dell’onda gravitazionale e dunque, come i colleghi di LIGO/Virgo, tutta la comunità internazionale degli astrofisici che ha siglato l’accordo non può sapere se si tratta o meno di una blind injection».
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Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina