E’ acquisizione comune l’idea del tedesco fedele ai patti e alla parola data contrapposto all’italiano, guascone ed opportunista, che straccia gli accordi presi e, con essi, il suo onore. Una simile traiettoria è il risultato di un ventaglio di fattori concomitanti e sinergici, facilmente riassumibili e condensabili nella seguente terzina:
; l’immagine, stereotipata, del popolo tedesco, incapsulato in una veste ideale dai contorni del rigore e dell’onesta intellettuale più adamantina
; la manomissione del portato storico perpetrata dalla componente ideologica, che impedisce una sana, razionale e soprattutto scientifica visione degli elementi documentali
; la debolezza della nostra coscienza nazionale, che ci porta ad un’attribuzione in senso svalutativo di tutto ciò che è patrio e, sul fronte opposto, ad un’iper valutazione di tutto quello che trova la sua paternità ed origine oltreconfine
L’attenta ed acuta osservazione dell’impianto fattuale non può e non potrà che che condurre, però, ad una facile smentita della teoria sopra esposta e ad un ridimensionamento dell’immagine dualistica da essa consegnata. La violazione, da parte tedesca, del trattato di Versailles, il “tradimento”, sempre da parte tedesca, del Patto Molotov-Ribbentrop, l’invasione (non comunicata agli alleati) dell’URSS, l’ aggressione della Germania alla Danimarca e alla Norvegia senza dichiarazione di guerra, l’aggressione, proditoria ed ingiustificata, all’Italia dopo l’8 settembre e la resa nell’Italia del Nord senza consultare gli alleai della RSI (svendendoli, de facto, agli anglo-americani) rappresentano soltanto un’esigua porzione dei “tradimenti” da parte di Berlino degli impegni assunti nei consessi internazionali ed all’onor militare. Del resto, lo stesso Joachim von Ribbentrop si vantava dell’inaffidabilità del suo Paese, arrivando ad affermare di voler collezionare e custodire in un prezioso baule tutti i trattati da lui firmati e successivamente violati e disattesi.
Mirabile esempio di rettitudine personale e collettiva, non c’è che dire.
P.s: gli elementi utilizzati dai detrattori del nostro Paese (italiani come stranieri) a sostegno della tesi dell’italica fellonia sono, in linea di massima, l’8 Settembre e il Patto di Londra del 1915. Nel primo caso, l’Italia si rifiutò semplicemente di proseguire una guerra non voluta dal popolo e che non aveva più nessuna possibilità di concludersi con un esito a noi favorevole. La prosecuzione del conflitto accanto a Hilter avrebbe significato, per una popolazione già ridotta allo stremo, altri due anni di bombardamenti a tappeto, di morte, di distruzione e sofferenza nonché un trattato armistiziale dalle clausole ben più gravi, gravose e pesanti di quello che invece riuscimmo ad ottenere (anche Grandi e lo stesso Mussolini trattarono per una pace separata, con gli angloamericani come con i sovietici, per sganciarsi dai tedeschi). Per quel che concerne il Patto di Londra, la volontà era quella di recuperare le terre irredente, portando a compimento i nostri processi risorgimentali e l’unità del Paese entro i suoi confini naturali. In entrambe le occasioni, l’Italia non fece altro che perseguire i propri interessi ed il proprio vantaggio, esattamente come la Germania, l’Austria o chiunque altro.