Dice il dizionario: Onestà, dal latino Honestas, Qualità morale di chi rispetta gli altri e agisce lealmente verso il prossimo.
Tra le menzogne convenzionali che accompagnano questa fase storica, una suona particolarmente odiosa. E riguarda la cosiddetta questione morale, l’accreditamento e la percezione del concetto di onestà. L’allargarsi della macchia nera del malaffare, della corruzione, del furto di beni comuni contagia anche la rappresentazione dell’onestà e ispira una narrazione pubblica secondo la quale tocca accontentarsi di cretini che non ci sfilano materialmente il portafogli dalla tasca, di sbruffoni che non tolgono il gelato dalle mani dei ragazzini, di prepotenti che si controllano e non ci danno una manrovescio senza motivo alla fermata del tram. Insomma dovremmo sentirci appagati di prestazioni inadeguate, di divini pasticcioni, di affabili smidollati, meglio ancora di sobri dilettanti e austeri incapaci per il solo motivo che, per citare l’ineffabile Cacciari, sono già ricchi di loro e quindi, sostengono, meno permeabili alle blandizie della corruzione e alle tentazioni dei quattrini facili.
Oggi Licia Satirico indica nella legge “per la corruzione” l’allegoria sinistra della sopraffazione dell’interesse privato sul bene generale e di conseguenza sulla legalità e sulla giustizia.
La Ministra Severino in un colpo solo ha inferto dei colpi mortali oltre che alla democrazia, che dovrebbe basarsi sulla legalità e sullo stato di diritto, alla buona politica, al buonsenso e anche alle buone maniere.
«Ce lo chiede l’Europa ». ha detto, dichiarando esplicitamente che a fronte di un popolo incapace di distinguere tra bene e male e lecito e illecito spetta a una autorità “morale” superiore scavalcare definitivamente la sovranità dello Stato perfino nelle questioni etiche, autorità peraltro inascoltata abitualmente su altri fronti sensibili e tardivamente sentita se l’Italia ancora non ha adottato le convenzioni internazionali in materia.
“Ce lo chiede la gente per bene”, ha detto, come se la lotta alla corruzione e all’illegalità non fosse un imperativo categorico per un governo, per un Parlamento eletto e per la democrazia e non una benevola erogazione disposta per accontentare i cittadini meritevoli.
E qui si sono aggiunti l’oltraggio e la menzogna: “spetta a noi questa legge, noi che siamo un governo di persone oneste”. Non andrò troppo per il sottile, non dirò che sconfina dall’inopportunità all’illiceità dimenticare una villa sibaritica nella dichiarazione dei redditi, farsi aiutare da altri boiardi a dimezzare il costo di un appartamento al Colosseo, retrocesso a zona sismica, auto esimersi da ogni obbligo relativo al conflitto di interesse, dispensare consigli agli aguzzini della finanza in modo che possano accanirsi efficientemente sui quasi sommersi. Ma dirò invece che con buona pace del Berlusconi che diceva di non voler mettere le mani nelle tasche degli italiani, ci sono vari modi di derubarci e il furto e l’espropriazione assume varie forme. Non occorre la tuta nera e la mascherina dei ladri delle vignette, nemmeno lo smoking di Arsenio Lupin. C’è una destrezza nella disonestà dei nuovi ladri in guanti gialli e grisaglia che ci sta togliendo tutto, dall’autodeterminazione di popolo, alla sovranità dello Stato, dai diritti all’istruzione.
Ai lavoratori che hanno versato contributi per anni viene strappata la possibilità di andare in pensione, a tutti noi vengono tolte prestazioni e servizi, ci viene sottratta slealmente anche la verità: proprio ieri il governo degli onesti ha accumulato attraverso misure che hanno esercitato una “brutale” pressione sui redditi 2 miliardi che andrebbero a cercare di colmare con una goccia l’abisso del debito, se non venissero immediatamente dirottati su altre spese irrazionali e inique, a rimpolpare l’Anas, la Tav e gli armamenti. A ulteriore conferma che se non si mette direttamente in tasca i nostri quattrini, questo ceto dirigente li annette al patrimonio privato di potentati amici e sodali.
La crisi civile e morale ci avvolge implacabile nel clima di una torbida stagione vissuta all’insegna della cancellazione d’ogni confine tra lecito e illecito, tra privato e pubblico: gli arrestati, gli indagati, gli autori di furti legali non sono soltanto gli occasionali protagonisti di vicende corruttive, le “pecore nere”, le “mele marce”. Si rivelano ogni giorno di più come l’avanguardia di schiere infinite, gli emuli a ogni livello di chi si è scritto leggi ad personam e coltiva conflitti d’interesse, i volti prestati alla biografia di un Paese confuso e permeabile al contagio della “licenza”, in un permanere, nel migliore dei casi, di un compromesso miserabile tra legalità e illegalità.
Per tornare alla definizione del vocabolario, onestà significa lealtà verso gli altri. E dovrebbe significare anche rispetto per se stessi, per la bellezza che poi è la forma visibile della giustizia, oggi offesa dalle ferite inferte alla cultura, all’ambiente, all’istruzione, per la solidarietà irrisa e oltraggiata dal nutrimento che viene dato a piene mani all’inimicizia, all’egoismo e al conflitto, per il venir meno delle separazioni che dovrebbero essere l’essenza delle democrazie, tra pubblico e privato, tra controllo e impresa, tra politica e affari.
Una lenta inarrestabile catastrofe si sta svolgendo sotto i nostri occhi, in quello che con disincantata ironia continuiamo a chiamare il Bel Paese. Onestà esigerebbe che reagissimo alla devastazione sociale, morale oltre che economica, tanto che mai è sembrato tanto attuale il monito di Camus: “la nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni… noi abbiamo esiliato la bellezza, i Greci per essa hanno preso le armi..”. Oggi un uomo in Grecia è morto per aver manifestato la sua collera: è sleale, è disonesto, è immorale far morire anche un solo uomo per aver difeso il poco che ha e i suoi diritti, restare immoti, algidi e ottusi davanti a un uomo che si dà fuoco con la miccia della disperazione. Ed è disonesto che lo sopportiamo.