L’aula era deserta. Si è svolto lì, in una Camera dei deputati semivuota il dibattito in seguito all’informativa urgente del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sull’omicidio da parte di un drone americano (perché le parole sono importanti e le cose vanno chiamate per nome) di Giovanni Lo Porto. Oltre a due membri del Governo e alla presidente della Camera Laura Boldrini, i deputati presenti erano una quarantina. Superavano la decina solo quelli del Partito Democratico.
Durante i lunghi e silenziosi mesi seguiti al rapimento, furono in molti a chiedere, anche attraverso una petizione, che chiunque ne avesse possibilità si adoperasse per la sua liberazione. Il collega Bernd Muehlenbeck fu liberato lo scorso 10 ottobre con un’operazione organizzata dalla forze speciali tedesche.
Lo Porto, non è stato però l’unico a perdere la vita nell’operazione anti-terrorismo americana. Obama ieri ha annunciato la morte anche del cooperante statunitense Warren Weinsten. L’obbiettivo del raid era il terrorista di Al Qaeda Adam Gadahn, insieme ad Ahmed Farouq. Entrambi sono stati uccisi ma il secondo, sembra, in una diversa operazione militare.
Dopo l’assunzione di responsabilità da parte del Presidente Obama e le conseguenti scuse, Paolo Gentiloni ha oggi definito Lo Porto come “un volontario generoso ed esperto…” ribadendo “la vicinanza del Governo alla madre di Giovanni, la signora Giusi e a tutti i familiari e amici”. Parole doverose sì ma raccolte e ascoltate da meno di cinquanta deputati. Non entrando certamente nel merito dell’informativa resa da Gentiloni, ci si chiede se la parte del discorso in cui il ministro afferma “Posso assicurare che l’Italia troverà il modo di onorare la memoria di Giovanni Lo Porto” si tramuterà in qualcosa di concreto.
Il primo passo, per onorarla la memoria di Giovanni, forse sarebbe stato quello di vedere un Parlamento pieno stamattina perché Gentiloni ha ragione quando dice che “l’attività di cooperazione in cui migliaia di connazionali sono impegnati in diversi paesi del mondo rende onore all’Italia” ma troppo spesso questa stessa Italia delle Istituzioni sembra dimenticarsene. Come si dimenticò nel doloroso 2011 di partecipare ai funerali di Vittorio Arrigoni, venendo meno a quel tanto ormai abusato Stay Human di cui Vik fu portatore in vita. Ma come cantano i Wu Ming Contingent “in fondo cosa c’è di più folle di uno che resta umano quando tutto il resto è guerra, abuso, aggressione?”.