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Open Day: Divertente Testimonianza di una Società Malata

Creato il 23 marzo 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il marzo 23, 2012 | TEATRO | Autore: Giuseppe Floriano Bonanno

Open Day: Divertente Testimonianza di una Società Malata“Open Day” è il nuovo spettacolo, in scena alle Celebrazioni di Bologna, di Angela Finocchiaro che, dopo i successi cinematografici e quelli teatrali di “Miss Universo”, si rimette in gioco in questa pièce di Walter Fontana. Due ex coniugi cinquantenni, divorziati da anni, si incontrano in occasione di un open day per iscrivere la figlia in un liceo sperimentale privato. La compilazione di un video-modulo, necessario ai fini della pre-iscrizione, diviene così occasione per un reciproco interrogatorio, assai insidioso, che li costringe a ripercorrere la loro vita, in un crescendo di accuse, rimbrotti, scoperte che arriva quasi a sfociare nell’insania. Ci scorrono così davanti agli occhi tracce di litigi interrotti da anni, considerazioni salaci su una figlia che non si vede mai, ma che è sempre al centro di questo micro universo familiare, con tanto di excursus filosofico sui socratici della Grecia classica, che riaccendono tensioni, speranze e sfociano in qualche sorpresa. Ma il vero messaggio di fondo, in fin dei conti, è che «il passato non è sempre come te lo ricordi ed il futuro non è mai come te lo immagini». Da questa constatazione banalmente rivoluzionaria prende le mosse uno spettacolo beffardo, mordace. Sul palco insieme ad una Finocchiaro convincente e divertente si muove, come suo quasi naturale epigono, Michele Di Mauro, cinico ma allo stesso tempo capace di avvertire in modo piuttosto intenso le situazioni emotive con cui si deve rapportare, nei panni di un padre libertario e libertino, ma in fondo pieno di insicurezze e contraddizioni.

Open Day: Divertente Testimonianza di una Società Malata

I due attori reggono per quasi un’ora e mezza la scena con dialoghi serrati, a volte ironici, a volte crudi, che tagliano, senza peli sulla lingua, quei comportamenti e pensieri universalmente “consueti” tipici di questa nostra società postindustriale, società che, proprio sui rapporti umani e sui valori fondamentali, sta perdendo irrimediabilmente colpi. La bravura degli interpreti è semmai quella di riuscire, nonostante la routine di una scena spartana e fissa e di parole che volano nell’aere inseguendo ragionamenti, sogni e disillusioni, a rimanere attuali e credibili senza correre il rischio di diventare dei tipi, delle macchiette, grazie a quel divertente verismo che regge il gioco delle parti senza mai spezzarsi. Le risate e gli applausi finali, convinti e divertiti, sono testimonianza certa del gradimento dei presenti ma anche la prova che, in un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo, spettacoli siffatti, fondati su poche ma solide idee e quasi senza scene, possono essere la strada giusta per fare teatro ed appassionare un pubblico abituato dagli altri mass media a voli ed iperboli.

Per le immagini inserite nell’articolo si ringrazia il Teatro delle Celebrazioni di Bologna



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