Come nel suo celebrato capolavoro Balla coi lupi, anche in Open Range l'attore/regista Kevin Costner riprende con sensibilità tutta moderna gli scenari classici del west - il modello è qui John Ford piuttosto che la (esemplare) destrutturazione del genere operata da Peckinpah e Leone. Ampi spazi, bellissimi contesti naturali (fotografati con la sperimentata, monumentale perizia tecnica di Hollywood) e nello stesso tempo particolare attenzione alla definizione psicologica dei personaggi - con un approccio inconsuetamente delicato per la parte sentimentale della storia (che però resta il segmento più debole, melenso e qua e là addirittura insulso dell'intera vicenda). Galoppando coraggiosamente accanto a un Mito lun
Il film soffre sì di alcune lunghezze e di certi buchi narrativi abbastanza smaccati (il gregge di bestiame, snodo fondamentale nella prima metà del film, sembra completamente dimenticato nella seconda) ma, corroborati dalla maestosità della messa in scena, si arriva a seguire i percorsi del protagonista e ascoltare i suoi sproloqui come un’esperienza metafisica. Da manuale poi la sparatoria finale (il cui potere catartico viene purtroppo depotenziato dalla chiusa sdolcinata!). Notevole, comunque.