Le due applicazioni nascono da una base di codice comune ma, anche se al momento offrono funzionalità analoghe, sono destinate seguire percorsi autonomi.
E allora la domanda nasce spontanea: quale pacchetto seguire?
La vicenda di OpenOffice.org e LibreOffice rappresenta un classico fork di un progetto software, cioè la nascita di un nuovo progetto a partire da uno esistente. Il fork è l’espressione più emblematica della libertà di modifica offerta dalle licenze Open Source, ma allo stesso tempo può rappresentare un elemento che può disorientare l’utente, soprattutto l’utente che da poco si è avvicinato all’Open Source.
Per l’utente medio di MS Office è difficile concepire la nascita di un nuovo progetto a partire dal pacchetto che usa, se non per una nuova versione che andrà a sostituire quella attuale.
Ma lo sconcerto non è soltanto dell’utente nuovo a questo genere di cose. Anche per l’utente avvezzo alle dinamiche delle comunità Open Source la nascita di un fork non è in genere un buon segnale: il rischio è di disperdere energie e risorse, senza trascurare il fatto che spesso il fork nasce da tensioni tra i gestori di un progetto che raramente tendono ad acquietarsi nel giro di poco tempo.
Al momento sembra che il progetto LibreOffice goda del supporto di importanti realtà internazionali e che quindi può dare filo da torcere ad Oracle. Ma le funzionalità sono ancora troppo simili.
Insomma, a questo stadio la scelta di un pacchetto o dell’altro è più una questione di posizione politica che di vere scelte tecniche e risulta quindi difficile giustificare ad un cliente l’eventuale passaggio da OpenOffice.org a LibreOffice.
Prudenza vuole che si aspetti un po’ per vedere le direzioni che seguiranno entrambi i progetti prima di prendere una decisione.
Nel frattempo non ci resta che mettere alla prova il novello concorrente.