Tale operazione coinvolse in primo luogo la C.I.A., il servizio segreto statunitense, oltre che apparati militari, organizzazioni di estrema destra, partiti politici e movimenti di guerriglia anticomunisti sudamericani. Tutte queste organizzazioni furono utilizzate come strumento, in svariati stati, per rovesciare governi anche eletti democraticamente come quello di Salvador Allende in Cile. Furono stanziate sostanziose somme per portare a termine questo massiccio piano politico, poiché gli interessi economici in gioco erano alti, vista la ricchezza, soprattutto di materie prime, dell'America Meridionale. La C.I.A. fornì sempre e comunque sostegno, copertura, assistenza e denaro ai servizi segreti golpisti sudamericani, nonché addestramento anche negli Stati Uniti.
Le procedure per mettere in atto questi piani furono di volta in volta diverse, tutte però ebbero in comune il ricorso sistematico alla tortura e all'omicidio degli oppositori politici. Spesso ambasciatori, politici o dissidenti rifugiati all'estero furono assassinati anche oltre i confini dell'America Latina. Alcune fra le nazioni coinvolte furono Cile, Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Paraguay e Uruguay.
Nel 1992 il giudice paraguaiano José Augustín Fernández scopri, durante un'indagine in una stazione di polizia di Asunción, archivi dettagliati che descrivevano la sorte di migliaia di sudamericani segretamente rapiti, torturati ed assassinati tra gli anni settanta e ottanta dalle forze armate e dai servizi segreti di Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Brasile. Gli archivi contavano 50.000 persone assassinate, 30.000 scomparse (desaparecidos) e 400.000 incarcerate. Questi archivi, universalmente ritenuti veritieri e attendibili, riferivano del coinvolgimento, in questa enorme operazione repressiva e di vero e proprio sterminio, anche dei servizi segreti di Colombia, Perù e Venezuela. Tali documenti, per le atroci rivelazioni in essi contenute, furono denominati Archivi del terrore.
Attentati e omicidi mirati.
1) Il generale Carlos Prats e sua moglie furono assassinati dalla DINA cilena il 30 settembre 1974, con un'autobomba, a Buenos Aires, dove vivevano in esilio. Pinochet e la direzione della DINA, nella persona di Manuel Contreras, furono riconosciuti colpevoli di questo omicidi, per stessa ammissione di Contreras. L'agente segreto cileno Enrique Arancibia Clavel è stato incarcerato in Argentina per questo omicidio.
2) Bernardo Leighton, un politico democristiano andato in esilio in Italia dopo il colpo di stato di Pinochet, fu gravemente ferito durante un attentato alla sua persona, il 5 ottobre 1976 a Roma. Un'indagine ha rivelato che l'agente segreto Michael Townley, in qualità di delegato della DINA, incontrò, nel 1975 a Madrid, il terrorista Stefano Delle Chiaie e Virgilio Paz Romero, per organizzare l'assassinio di Leighton, protetti dalla polizia segreta franchista.
3) Orlando Letelier, ministro del governo di Salvador Allende destituito dal golpe, fu assassinato con un'autobomba il 21 settembre 1976, mentre si trovava in esilio a Washington. Ancora una volta la responsabilità è stata individuata nella DINA, in stretta collaborazione con la C.I.A.
In una lettera aperta apparsa sul Los Angeles Times il 17 dicembre 2004, il figlio di Orlando Letelier, Francisco, scrisse che l'omicidio del proprio padre era ascrivibile all'Operazione Condor, ovvero ad «una rete di intelligence utilizzata da sei dittatori sudamericani dell'epoca, per eliminare i dissidenti».
Cinque giorni prima dell'assassinio di Letelier, Henry Kissinger aveva cassato un comunicato del Dipartimento di Stato agli ambasciatori USA dove si chiedeva ai governi dei Paesi Sudamericani di cessare con gli omicidi politici. Secondo Kissinger questo documento è stato distorto dal NARA, poiché lui intendeva fornire all'ambasciatore USA in Uruguay un altro sistema per far pressioni sul governo di Montevideo, visto che costui temeva per la propria stessa vita.
Gli Stati uniti sono a pieno titolo responsabili dell'instaurarsi delle dittature nell'america latina in quegli anni. Ogni prospettiva di cambiamento nei paesi sudamericani, in vista di un maggior equilibrio e giustizia sociale, minavano gli interessi di molte aziende statunitensi. Lo spauracchio del pericolo comunista era la facciata della preoccupazione che gli investimenti americani venissero scossi con l'emancipazione delle classi operaie e contadine. Tra i più grandi promotori dell'Operazione Condor vi furono il segretario di stato Henry Kissinger e il presidente Richard Nixon.