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I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT), utilizzando una tecnica chiamata optogenetica, sono riusciti ad attivare i neuroni di un topo da laboratorio tramite un impulso luminoso, riuscendo a far affiorare nel roditore un ricordo specifico.
La ricerca ha inizio con questa domanda: è possibile che pochi neuroni possano scatenare un ricordo completo? La risposta non è delle più semplici, in primo luogo per la difficoltà di attivare piccoli gruppi di neuroni in modo selettivo. Le tradizionali tecniche di stimolazione cerebrale, la stimolazione elettrica e quella chimica, sono in grado di intervenire sul cervello in modo non specifico, e senza un tempo d'azione ben definito.
L'optogenetica è nata proprio per risolvere questi problemi. L'optogenetica è una combinazione di genetica e fisica della luce ottica, sviluppata per bersagliare tessuti viventi con stimoli luminosi della durata di qualche millisecondo.
E' solo nel 2005 che si iniziano a fare sperimentazioni optogenetiche su mammiferi; da allora, gli avanzamenti di questa tecnologia sono stati notevoli, ma l'obiettivo di base è quello di controllare per pochi istanti il comportamento del cervello di un vertebrato.
I ricercatori si sono concentrati sulle cellule che compongono l'ippocampo dei topi da laboratorio. L'ippocampo è coinvolto nel processo d'apprendimento, nella navigazione spaziale e nella memoria in generale, e agire sulla sua attività è sicuramente un buon punto di partenza per svelare alcune delle dinamiche nascoste del nostro sistema mnemonico.
Nelle cellule dell'ippocampo dei roditori è stato inserito un gene che codifica una proteina sensibile alla luce, in modo tale che i neuroni dell'animale potessero rispondere a un fascio luminoso di determinata intensità e frequenza. La speranza dei ricercatori era che, attivando i neuroni dell'ippocampo tramite la luce, il cervello del roditore potesse far emergere attivamente un ricordo immagazzinato nella memoria.
Ma come creare un ricordo nella memoria di un topo? Tramite i soliti, vecchi metodi: al povero animale è stata somministrata una scarica elettrica di bassa intensità ad una delle zampe, in modo tale che il topo reagisse come fanno solitamente i roditori: si immobilizzano sul posto.
Il topo ha velocemente imparato ad associare l'ambiente in cui gli veniva somministrata la scarica con la scarica elettrica stessa, creando un ricordo della "gabbia del dolore" ben scolpito nella sua memoria.
Il passo successivo è stato quello di tentare di attivare artificialmente la memoria del topo per far affiorare il ricordo della scarica senza che il roditore si trovasse nella gabbia di sperimentazione.
Direzionando un fascio di luce sull'ippocampo, i ricercatori sono stati capaci di attivare una porzione di neuroni legati alla memoria, ottenendo in risposta una reazione del tutto identica a quella osservata successivamente ad una scarica elettrica.
Gli ambienti e le condizioni di sperimentazione sono stati molteplici, per escludere l'ipotesi che la luce potesse mandare in "corto circuito" il cervello del topo ottenendo un effetto del tutto simile alla reazione all'elettricità del roditore.
Il team ha testato i topi geneticamente modificati, ma senza il condizionamento della scarica elettrica; ha poi verificato se topi privi di proteine fotosensibili riuscissero ad ottenere risultati simili; ha quindi messo alla prova alcuni roditori in un ambiente non associato ad alcun brutto ricordo, una gabbia del tutto nuova e incapace di somministrare scariche.
Solo i topi condizionati dall'elettricità e provvisti di proteine fotosensibili hanno mostrato una reazione identica a quella scatenata dalla scarica elettrica, rafforzando l'idea che la luce abbia effettivamente fatto affiorare questo brutto ricordo dalla memoria del topo.
Questo esperimento suggerisce la possibilità di controllare il flusso mnemonico di un essere vivente (per ora, solo un topolino) tramite un semplice fascio di luce. Le potenziali applicazioni sull'essere umano sono ancora troppo lontane per lavorare di fantasia (o farsi prendere dal panico), ma sono meno futuristiche di quanto si possa immaginare: alla Brown University, infatti, è in corso di sviluppo un elettrodo senza fili in grado di somministrare fasci di luce a gruppi di neuroni di un cervello vivo, in salute e racchiuso nella sua scatola cranica.
How to Use Light to Control the Brain
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