Magazine Società
Il Foglio è sempre stato un tag di questo blog. Con molta più assiduità negli anni passati, sempre meno negli ultimi due o tre, il giornale di Giuliano Ferrara mi ha dato molto materiale sul quale esercitare il mio hobby preferito: la decostruzione delle mistificazioni nei suoi moventi psicopatologici. Se l’esercizio s’è prolungato più del dovuto, è stato perché la malattia mentale che ispira Il Foglio è del tipo che Otto F. Kernberg ha magistralmente descritto nelle pagine dedicate al disturbo istrionico di personalità (Raffaello Cortina Editore, 1993), tanto pleomorfa negli strumenti mistificatori da offrire indubbiamente numerosi spunti di riflessione in ordine a questioni relative alla logica e alla retorica. E tuttavia è già da tempo che Il Foglio sembra aver esaurito il repertorio dei suoi trucchetti più sofisticati e non riesce che a produrne di meschini, tanto meschini che neanche vale più la pena di segnalarli. Insomma, almeno per il modo in cui l’ho sempre letto io, almeno per lo scopo che mi sono sempre dato nel leggerlo, la lettura del giornale di Giuliano Ferrara mi è diventata noiosa. Nemmeno più riesco ad incazzarmi, che pure può essere un buon motivo per continuare a leggere un giornale: prevale una sensazione di fastidio mista a pena.Ma poi c’è un altro motivo che mi muove al passo che annuncio con questo post: se Il Foglio aveva un’autorevolezza nel panorama nella stampa clericofascista, che gli era data dal saper conferire una veste decente, talvolta addirittura elegante, al becerume degli argomenti cari ai reazionari e ai baciapile italiani, be’, a me pare che quell’autorevolezza non l’abbia più. Sarà che l’avrà persa nel mentre il centrodestra perdeva i suoi consensi, sarà che gliela conferivo io e a torto, non so. Un fatto è certo: Il Foglio ha perso più della metà dei lettori che aveva sette o otto anni fa, riceve sempre meno attenzione da osservatori seri che pure non gliela negavano e il suo direttore ormai è sempre più una patetica macchietta, sicché quell’aria da pensatore che si era cucita addosso suscita più ilarità che ammirazione. In me, devo confessare, anche una puntina di disprezzo, ma del genere che non guasta l’appetito. Insomma, per dirla come deve essere detta, è da un po’ di tempo che commentare un articolo de Il Foglio o un editoriale di Giuliano Ferrara mi fa sentire un po’ ridicolo, come se si trattasse di un post di Pontifex o un corsivo di Marcello Veneziani, un sermoncino di don Livio Fanzaga o un saggio di Ida Magli. E se fino a qualche tempo fa leggere Il Foglio mi faceva sibilare un “che stronzo!” e mi spingeva a un commento, almeno da un anno, forse due, riesco solo a scuotere la testa pensando “madonna mia, che palle!”.Per questo considero una felice coincidenza il fatto che l’ennesimo “che palle!” – stavolta davanti alla pagina che riproduco qui sopra – cade proprio nel giorno in cui scade il mio abbonamento al giornale di Giuliano Ferrara. Non lo rinnoverò e questo valga pure come avvertenza a quelle due o tre dozzine di conoscenti e amici che lo leggevano grazie alla password che avevo fornito loro. Da qualche tempo, peraltro, Il Foglio è leggibile solo dalle 3,00, anche se tra le condizioni di abbonamento resta detto che la copia è a disposizione dalle 24,00 in poi: non bastassero le ragioni fin qui esposte, mi manca il tempo per conservare un’abitudine che non mi dà più alcuna soddisfazione. Se qualcuno dei miei lettori mi invierà qualcosa pubblicato su Il Foglio sollecitandomi un commento, può darsi che vi butterò uno sguardo, ma non si offenda se non risponderò in pubblico o in privato: vi dedicherò attenzione solo se davvero dovesse valere la pena, ma ho già detto perché lo ritengo difficile.Poi c’è un’ultima ragione: sta per nascermi un figlio, il terzo, e penso che sarebbe un vero sacrilegio sprecare anche un poco del poco tempo che mi resterà per scrivere su questo blog per estenuarmi nell’ormai logora polemica che ho tante volte opposto alle ragioni di un antiabortista che di figli ne ha abortiti proprio tre. Di uno che rompe il cazzo da anni sulla crisi demografica italiana e non è stato capace di dare altro contributo personale alla soluzione del problema se non con vuote quanto roboanti scacazzate di retorica.
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