Le chiacchiere stanno a zero. Dopo l’approvazione dei decreti attuativi da parte del governo, fra poco più di una settimana con l’anno nuovo diventa operativa la riforma del mercato del lavoro definita da Renzi una “rivoluzione copernicana”.
Renzi e Poletti scommettono che il risparmio offerto alle imprese che assumeranno col contratto a tutele crescenti, una volta disinnescato l’articolo 18, le incoraggerà a privilegiarlo rispetto ai contratti a termine. Lo verificheremo nel giro di qualche mese: vedremo, cioè, se ci sarà un’inversione di tendenza rispetto ai dati degli ultimi anni che hanno visto una netta prevalenza delle assunzioni a termine. Spero di avere torto, ma ritengo improbabile questa inversione di tendenza. Temo, cioè, che le imprese preferiranno spendere di più pur di stipulare contratti a termine, peraltro rinnovabili fino a cinque volte, grazie al decreto Poletti della primavera scorsa.
Se l’aver reso più facili i licenziamenti non diminuirà il precariato, ne trarremo conferma di intenzioni non dichiarabili da parte degli economisti che hanno ispirato l’ultima versione del Jobs Act: l’obbiettivo reale è abbassare le retribuzioni, oltre che il costo del lavoro, pur di trattenere in Italia le aziende intenzionate a andarsene.
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Massimo Troisi e il precariato