Magazine Lavoro

Ora il divieto di fare la pipì

Da Brunougolini
C’è stato un tempo, negli anni Sessanta, in cui gli operai erano costretti a fare la pipì senza allontanarsi dal proprio posto di lavoro. La facevano in qualche barattolo occasionale. Era severamente proibito, in nome della santa produttività, assentarsi per raggiungere una toilette. Sono poi venuti gli anni delle conquiste nazionali e aziendali per cui sono state adottate le cosiddette “pause fisiologiche”. Ovvero il diritto alla libertà di fare la pipì nelle apposite sedi.
Ora è stata innestata la marcia del gambero anche su temi come questi. Così capita di leggere su “La Stampa”, a cura di Marina Cassi, il caso della “fine della pausa retribuita” nei punti vendita della Carrefour. I 40 mila addetti dal primo febbraio potranno assentarsi per la cosiddetta “pausa fisiologica” solo una volta per turno. E se scappa un'altra volta? Leggiamo: “dovrà tornare con il certificato medico che attesti e comprovi debolezze vescicali”.
E’ solo una particella di un’ondata più grande. I promotori più autorevoli di questa “marcia del gambero” nella condizione di chi lavora (e anche dei precari che non lavorano) è il governo di centrodestra. Non c’è solo Brunetta che auspica la cancellazione dell’articolo uno della Costituzione, o Sacconi che cancella un anno di scuola per gli adolescenti spediti in officina dove come si sa sono organizzate vaste esperienze formative. Sono state poste in atto molte altre manomissioni nell’assetto di norme e diritti. una vera e propria controriforma (secondo una dizione di Cesare Damiano). Così il ritorno del “Job and call”, il lavoro a chiamata, così la cancellazione della responsabilità del committente negli appalti, ovvero laddove i morti si susseguono. Oppure l’indennità per i precari invece della stabilizzazione, il licenziamento facilitato.
E’ un fenomeno regressivo che dovrebbe essere contrastato non solo sul piano legislativo, dove poco si può fare data la schiacciante maggioranza di centrodestra. La risposta dovrebbe nascere laddove si lavora, nelle fabbriche, negli uffici, nei campi. La verità è che poco si sa delle odierne condizioni di lavoro. Certo esistono inchieste, ricerche. Ma i risultati hanno consegnato una visione generale. Semmai tocchiamo con mano certi aspetti quando c’è la tragedia. Come nel caso della Tyssen. Qui scaturisce la chiara fotografia di un’organizzazione del lavoro che torna ad uccidere.
E la discussione tra sindacati sembra riguardare la pur sacrosanta questione del salario e del fisco che rapina le buste paga. Ma a questa azione sarebbe necessario collegare anche la materia dei diritti che si intendono rinnegare e cancellare. Come ha scritto su sito di articolo 21 (http://lavoro.articolo21.com) Diego Alhaique, ricordando un primo incontro tra Bruno Trentin, Gastone Marri, Angelo Di Gioia, per quella che era stata chiamata una rivoluzione copernicana. Sul lavoro, la salute, la persona.

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