Ora spiegatemi, come sono arrivata qui?

Creato il 27 aprile 2015 da Valentinap @mammeaspillo

Riflessioni di una mamma stanca: io ero la bambina solitaria con le codine e la ragazza sempre con il libro in mano. Com’è che sono arrivata qui?!

Siete ormai abituate ai miei articoli-non-articoli, fuori da ogni logica in chiave SEO o di popolarità. Questi sono i miei articoli, quelli in cui mi riapproprio della tastiera e riprendo per qualche istante coscienza che cavolo, io questo lavoro l’ho iniziato soprattutto perchè amo scrivere e amo mettere nero su bianco i miei pensieri. Sì, questo blog all’inizio voleva essere una sorta di diario di viaggio, un viaggio che mi accopagna da tre anni e che mi ha portata qui. Sì, ma qui dove?

E’questa la domanda che da qualche settimana mi arrovella la mente: dove sono arrivata? Ma soprattutto CHI sono diventata? Proviamo a rispondere e chissà che non ne esca fuori qualcosa di buono. Buongiorno a tutte, sono Valentina e sognavo di fare la scrittrice quando ancora non sapevo leggere o scrivere, perchè mi affascinava l’odore dei fogli caldi di stampante che rubavo nell’ufficio di mio padre e riempivo di quelle che mi sembravano lettere ma che in realtà erano scarabocchi senza senso. Ah, e poi c’era la macchina da scrivere di mia madre, una vecchia Olivetti mi pare e il fascino delle lettere che potevi cancellare con il magico tasto x e c’ero io che arrivavo nell’ufficio dove entrambi lavoravano e mia madre mi dava i soldi per andare a comprare le scarpe estive: dovevano essere dei sandali, ma io tornavo sempre con delle ballerine color bronzo.

Non ero una bambina particolarmente bella, nè particolarmente sorridente: ero una bambina “adulta”, come mi definivano tutti e per questo motivo trovavo stupidi molti dei giochi dei miei coetanei e preferivo ritirarmi nella mia cameretta e lasciare entrare il ramo di fico dalla finestra, fantasticando su come avrei potuto costruire delle liane per scendere dal secondo piano e calarmi in quel cortile segreto in cui i bambini non potevano entrare. Avevo genitori poco più che ventenni, trascorrevo con loro le serate con amici che da grande io ho trascorso raramente e sognavo di andare nello spazio. (Quelli sopra erano i miei primi quattro anni e sulla peluria di mio padre… La moda anni Ottanta era così).

Sono sempre una stata una bambina solitaria, ma non in senso negativo: bastavo a me stessa. La separazione dei miei genitori ha solo accentuato questa tendenza a non amare particolarmente il mondo esterno e negli anni mi sono convinta che no, io un figlio non l’avrei mai fatto, perchè in qualche modo i figli li deludi. Passavano gli anni scolastici e il mio bisogno di scrivere e raccontare cresceva; ma intanto è arrivata lei, la moda, a fare capolino. Mi dividevo tra sfilate, televisione e libri e al contrario delle mie colleghe in camerino preferivo leggere un libro di storia che un giornale di gossip. Trovavo talmente stupido il loro girovagare senza uno scopo preciso tra feste alcoliche e party a casa di non-so-chi che a volte mi sentivo stupida io a non saper vivere con quella leggerezza. Sapevo che quella vita non l’avrei retta e infatti così è stato e in un giorno qualsiasi di dieci anni fa ho cambiato la scheda del cellulare e smesso di rispondere a qualsiasi proposta in quell’ambiente. Ora che ci penso io faccio così: ad un certo punto, semplicemente, smetto. Mi libero di ciò che non mi piace e vado dritta verso un nuovo obiettivo. Ecco, è questo che non mi spiego: quand’è che i miei obiettivi hanno iniziato a portarmi qui? In mezzo a giornate in cui il tempo è sempre troppo poco, i doveri sono sempre troppi, le risate spesso troppo poche e il più delle volte donate alle mie figlie. Quand’è di preciso che si entra in questo vortice? con il matrimonio? Con il primo figlio? Con il terzo? Con il divorzio? (Per la cronaca, con quella foto mi presero a Miss Universo…).

C’ho pensato tanto ragazze e alla fine l’ho trovato il bandolo della matassa. Sapete quand’è che ho iniziato ad arrivare qui? quando ho detto il primo “sì” pensando “no”. Quando ho giurato a me stessa che me ne sarei andata e invece sono rimasta. Quando ho preso le mie figlie come pretesto per non buttarmi anima e corpo in qualcosa a cui tenevo tanto. Si arriva al punto di rottura quando non si è più in grado di essere in sintonia con se stessi, quando i silenzi che prima erano tanto preziosi diventano pesanti di domande che nemmeno hai il coraggio di fare o di discorsi che risuonano nella mente per troppo tempo. Ci si dimentica di coltivarsi in nome del benessere degli altri – figli, mariti, genitori, amici – e poi si resta vuoti perchè l’obiettivo è ormai un’immagine sfocata sepolta sotto briciole di cibo e mucchi di panni da lavare. Capita così che un giorno ti accorgi di avere le rughe (o righe, come le chiamano le mie bimbe) e non basta più una notte di riposo per farle sparire. Capita che tu che non hai mai usato creme o cosmetici ad un certo punto ti senti DERUBATA degli ultimi anni e hai bisogno di dire basta. E io sono una fortunata, perchè mi è successo a 34 anni e non quando è troppo tardi, posto che sia mai troppo tardi per ricominciare.

Un consiglio, spassionato, ve lo voglio dare, se non volete avere come me tante foto in cui siete in totale disarmonia con l’ambiente che vi circonda: mentre correte frenetiche tra la scuola e la danza, o calcio che sia, tra il supermercato e l’ufficio, tra la vostra camera e quella dei vostri bimbi, mentre socchiudete la porta del bagno nella speranza di non sentirci pugni contro almeno per i prossimi cinque minuti, mentre preparate i vestiti per tutta la famiglia e vi infilate i soliti jeans e la solita maglietta, fermatevi. Cinque minuti. Infilate le cuffie e mettete la vostra canzone preferita a palla, poi chiudete gli occhi. Dov’è che vorreste essere in questo preciso istante? E con chi?

Buoni pensieri.


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