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Una protagonista buffa ma coraggiosa.
Un cast a supportarla che diventa quasi più protagonista di lei, facendo della serie una serie corale che funziona ala meraviglia come ai tempi di Lost.
Una struttura degli episodi che proprio a Lost si ispira, con flashback riservati man mano ad una solo delle ragazze in carcere.
Citazioni, riferimenti e linguaggio quanto mai moderno, che non disdegna, anzi, di affondare nella cultura popolare tra altre serie TV, canzoni e film.
Questi sono gli ingredienti che hanno permesso a Orange is the New Black di fare breccia nel cuore di spettatori che lo scorso anno si sono trovati il prodotto bel-e-pronto dalla Netflix, riuscendo così a soddisfare subito la fame di "un altro ancora" che Piper & Co. sanno far sviluppare.
Con il secondo anno, fortunatamente, la sorte si ripete, e con l'uscita a pacchetto il 6 giugno la scorpacciata tanto attesa è stata servita ed è stata tutt'altro che indigesta.
I punti di forza che avevano reso la serie un fenomeno lo scorso anno, si sono infatti mantenuti alla grande, senza venire a noia ma mantenendo una freschezza generale che riesce a rendere il tutto serio e divertente allo stesso tempo.
Gli autori hanno poi fatto il colpaccio, con un primo episodio parecchio destabilizzante in cui, proprio come Piper, non capiamo cosa stia succedendo, facendo rientrare poi ogni attacco di panico e andando a scavare nel passato -a volte molto stupefacente- delle compagne di cella rimaste fuori dal giro nella scorsa stagione. Tra stalker, suore con poca vocazione e rapinatrici di banche, a rendere tutto più pepato è una new entry che alza il tasso di competitività e di "galli" nel pollaio: la perfida Vee rimette infatti in riga la sua famiglia black, lanciando il guanto di sfida alle ispaniche e alla attapirata (ma fin là) Red.
All'interno del carcere, così, la sfida al potere (e al mercato nero), l'amicizia in bilico tra Poussey e Taystee e la gravidanza nascosta di Daya offuscano in parte Piper, che appare ormai una veterana della cella, tanto da fare da mentore alla dissidente Soso, altra new entry, molto più ironica e leggera.
Anche fuori da Litchfield non mancano le sorprese, con nuove coppie che si formano e, tra le guardie, simpatie e promozioni. A tenere banco poi per tutti e 13 episodi, sono i sospetti -fondati- di appropriazione di denaro pubblico da parte della direttrice Figueroa, che mette in allarme un Caputo scatenato, che consegna momenti di pura ilarità.
La seconda stagione si divora così all'istante, e se i cambiamenti al di là delle nuove presenze non sono così sostanziali, fanno funzionare ancora meglio una macchina già oleata, permettendole di mostrare ancora una volta tutte le sue potenzialità.
Il cast sempre più in parte aiuta sicuramente, ma anche quei riferimenti, quelle citazioni che rendono i dialoghi delle perle da essere citati a loro volta, sono sicuramente la marcia in più (la Pixar si becca ben 2 quotes!).
Ottima anche la parte tecnica, con i montaggi alternati tra passato e presente di lostiana memoria e le scelte di fotografia molto spesso pulite come quelle di un film indie.
Ultima nota, la colonna sonora, assolutamente perfetta, in tutte le sue inclinazioni e che sottolinea in modo unico il finale di libertà e commozione che fa già rimpiangere di aver finito anche per quest'anno la dose annuale della droga chiamata in gergo OITNB.
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