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TAH DAH! Colpo di scena! Ebbene sì, come avrete sicuramente immaginato (il banner qui a lato poteva essere un indizio), "Ore d'orrore" conclude infatti oggi il suo percorso su Obsidian Mirror. Una conclusione che potrebbe però non essere definitiva perché, attenzione, ad una prima stagione a volte ne segue una seconda, no?
L'eventualità che l'appuntamento con "Ore d'orrore" possa un giorno ritornare dipende ovviamente da tanti fattori, primo tra tutti la disponibilità di colui che scrive i testi, vale a dire il blogger itinerante, il samurai senza padrone, il wanderer della blogosfera, all'anagrafe Marco Lazzara. Il secondo fattore è il sottoscritto, ovviamente, che potrebbe decidere di far valere il suo immenso e antidemocratico potere di amministratore. Il terzo fattore infine è forse il più importante: gli antagonisti. Di cosa ci resta infatti da parlare? Quali altri mostri vogliamo scatenare addosso al nostro scienziato? Questo è un invito a tutti voi, cari lettori: lasciate una vostra preferenza nei commenti alla fine di questo post. Volete morti viventi, uomini invisibili, scienziati pazzi, lucertole giganti? Non abbiate timore ad essere cattivi e scatenate la vostra fantasia! Chissà che non siate fortunati e che il vostro guanto di sfida venga raccolto... vero dott. Lazzara?
Ore d’Orrore, a cura di Marco Lazzara“Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio”
“La morte spazzerà con le sue ali chiunque profani la mia tomba” (avvertimento inciso sull'ingresso della tomba di Tutankhamon).
Nella prima parte dell’articolo abbiamo iniziato il discorso riguardo alle mummie egizie. In questa seconda parte parleremo delle superstizioni sorte attorno a esse.
Mummie che tornano in vita
Secondo il mito, il dio Osiride, signore dell’Ordine, venne assassinato dal fratello Seth, signore del Caos, che era geloso di lui. Seth ne fece a pezzi il corpo, che sparse per tutto l’Egitto. Isis, la sorella-moglie di Osiride, recuperò tutti i pezzi e si rivolse al dio Anubi, che dopo averlo assemblato e imbalsamato, usò i suoi poteri per riunire l’anima di Osiride al suo corpo. In questo modo Osiride divenne anche dio della resurrezione, nonché la prima mummia.
Devo dire che questa leggenda a me fa venire in mente un altro personaggio della cultura horror: Frankenstein. È forse possibile che Mary Shelley abbia tratto ispirazione anche dal mito di Osiride per la genesi della sua opera? Ecco un passaggio emblematico, quando Victor Frankenstein, osservando con orrore la sua creatura prendere vita, esclama: “Oh! Nessun mortale avrebbe potuto sostenere l’orrore del suo aspetto! Una mummia riportata in vita non sarebbe risultata raccapricciante come quell’essere repulsivo.” (Tra l’altro, più avanti nel libro, Frankenstein paragonerà la sua creatura anche a un vampiro.)
Nel 1827 Jane Webb pubblicò "La Mummia! Un racconto del XXII secolo". In questo romanzo, ambientato nel 2126, un gruppo di avventurieri inglesi scoprono la mummia straordinariamente conservata di Cheope e la rianimano per mezzo del galvanismo, idea che verrà poi ripresa dal Frankenstein cinematografico. Come avevamo già visto nell’articolo sui lupi mannari, i miti dell’orrore si sono influenzati l’uno con l’altro.
La maledizione della mummia (I)
Qui a Torino capita sovente di leggere sul giornale di bambini in visita al Museo Egizio che devono essere accompagnati d’urgenza al Mauriziano dopo aver accusato vomito e svenimenti. In queste occasioni il giornale di turno salta subito dalla maledizione della mummia (da leggersi con ironia o creduloneria, a seconda della serietà della testata) a indagini in merito ai prodotti chimici usati per le pulizie, ma non risulta mai nulla in entrambe le direzioni. La spiegazione più semplice, come recita il rasoio di Occam, è semplicemente considerare che si tratta di ragazzini pieni di sonno, sballottati dal viaggio in corriera, che hanno fatto una colazione più liquida che solida, a cui aggiungere magari un po’ di emotività. Infatti negli ultimi vent'anni non è mai svenuto un solo adulto. Ma l’idea popolare della maledizione della mummia continua a persistere.
In effetti non si sa con esattezza da dove sia nata quest’idea. Non c’è infatti alcuna evidenza che gli egizi ritenessero che le mummie fossero maledette, anzi la loro concezione era che la morte significasse qualcosa di bello, un passaggio verso la successiva vita, e la mummificazione doveva facilitare il viaggio. È molto probabile che quest’idea sia sorta in età vittoriana, epoca in cui era grande l’interessa per il soprannaturale.
Alcuni scienziati suggeriscono che l’idea della maledizione possa essere dovuta ai tombaroli, che alle volte si ammalavano a causa di muffe e batteri presenti nei cadaveri: aperte le tombe l’aria fresca potrebbe aver messo in movimento muffe tossiche come l’histoplasma capsulatum, che viene trasportata dai pipistrelli, numerosi all'interno delle piramidi e delle tombe egizie, e che provoca l’istoplasmosi, un tipo di infezione polmonare.
Altri ancora hanno proposto la teoria che la pece usata nei processi di mummificazione contenesse delle sostanze radioattive, così come le bende usate per fasciare le mummie, per cui i primi a entrare in questi ambienti chiusi da migliaia d'anni possono aver subito dei danni letali. Personalmente la ritengo però un’ipotesi molto forzata.
Il mito si è poi probabilmente diffuso a seguito delle misteriose morti relative alla spedizione Carter del 1923, che ha portato alla luce la tomba di Tutankhamon. In effetti Lord Carnarvon e Howard Carter trovarono inciso sull'ingresso, in alti geroglifici, l'avvertimento: “La morte spazzerà con le sue ali chiunque profani la mia tomba”. Questa frase in realtà veniva posta normalmente su tutte le tombe e serviva più che altro a spaventare i ladri.
Con Maledizione di Tutankhamon viene indicata la presunta maledizione che avrebbe colpito coloro che parteciparono alla ricerca e scoperta della tomba di Tutankhamon, come castigo per la violazione del luogo di sepoltura del faraone. In realtà è da considerarsi più che altro una trovata pubblicitaria dell'epoca, dovuta anche alla lentezza delle operazioni di recupero delle antichità presenti nella tomba e per le pochissime notizie che trapelavano (Carnarvon diede l'esclusiva mondiale a un giornale americano, cosa che tagliò fuori tutti gli altri quotidiani dell'epoca, innescando una violenta campagna denigratoria nei confronti della scoperta).
Infatti, delle 26 persone presenti all’apertura della tomba, solo sei morirono nell’arco dei dieci anni successivi. Per esempio Carter morì una quindicina d’anni dopo all’età di 65 anni e le morti degli altri partecipanti alla scoperta avvennero a diversi anni di distanza, come Lady Evelyn Carnarvon, che morì nel 1980.
In effetti l’unica morte che potrebbe essere fatta coincidere con la scoperta della tomba, è quella di Carnarvon: tre mesi dopo il ritrovamento, fu punto da un insetto, e qualche giorno dopo inavvertitamente riaprì la ferita mentre si faceva la barba; nonostante l’immediato trattamento con tintura di iodio, la ferita si infettò causandogli una forte febbre. A causa del clima egiziano caldo e umido e del suo fisico già indebolito per un precedente incidente, ogni piccola infezione poteva risultargli fatale: così Carnarvon morì pochi giorni dopo di polmonite.
La maledizione della mummia (II)
Si racconta che una maledizione simile abbia colpito anche gli scopritori di Ötzi, l’uomo del Similaun, la mummia dei ghiacci ritrovata nel 1991.
Dopo nemmeno un anno dalla scoperta, Rainer Henn, che aveva capeggiato la squadra incaricata di prelevare la mummia, morì a causa di uno scontro frontale in auto mentre si stava recando a una conferenza proprio su Ötzi. Kurt Fritz, la guida alpina che aveva guidato la squadra e organizzava tour al luogo del ritrovamento, venne ucciso da una valanga in una regione di cui si riteneva avesse grande familiarità. Rainer Hölzl, che aveva filmato la rimozione della mummia, contrasse una malattia misteriosa, forse un tumore al cervello, e morì nel 2004.
Helmut Simon era il turista tedesco che assieme alla moglie aveva scoperto il corpo di Ötzi durante un'escursione sulle Alpi. Per festeggiare la vittoria della battaglia legale che gli riconosceva un premio di 50.000 sterline in qualità di scopritore, era tornato sul luogo del ritrovamento. A causa del maltempo, Simon precipitò in un crepaccio profondo quasi 100 metri e il suo corpo venne ritrovato tre settimane dopo, coperto di ghiaccio come la mummia da lui scoperta, a circa 200 metri dal punto in cui era stato trovato Ötzi. La moglie non ricevette mai il denaro del premio, in quanto l’uomo non aveva ancora firmato i documenti legali. Il capo della squadra di soccorritori che lo aveva cercato, Dieter Warnecke, morì d'infarto meno di un'ora dopo che Simon fosse sepolto. Friedrich Tiefenbrunner, che aveva dissezionato il corpo di Ötzi, morì durante un'operazione a cuore aperto. Konrad Spindler, che per primo studiò Ötzi e ne descrisse la storia in un famoso libro, aveva scarsa considerazione della teoria della maledizione: «Penso che sia un mucchio di spazzatura. È solo una gonfiatura mediatica. Di sicuro ora diranno che io sarò il prossimo». Soffriva di sclerosi laterale amiotrofica e sei mesi dopo le sue condizioni si aggravarono e morì. Tom Loy, che aveva identificato residui di sangue umano sulla mantella di pelliccia di Ötzi e sangue di qualche animale sulle sue frecce, morì di una patologia ematica, diagnosticatagli poco dopo le analisi condotte sulla mummia.
Incredibilmente una storia simile circonda anche la Mummia dell’Altai, la fanciulla dei ghiacci ritrovata in Siberia nel 1993. Dopo che il corpo è stato prelevato per evitarne il deterioramento, la tranquilla regione di montagna sembra essere stata colpita da una maledizione: due scosse di terremoto al giorno, frane e cascate d'acqua che scorgano all'improvviso, siccità e carestie, epidemia di suicidi, centinaia di senzatetto che consumano il bestiame prima che muoia di fame. La popolazione, stremata, ha fatto una petizione per chiedere il ritorno in patria delle sacre reliquie della principessa kurgan.
La maledizione della mummia (III)
Siamo a Il Cairo, l’anno è il 1910. Un americano, il cui nome rimarrà sconosciuto, avvicina l'egittologo inglese Douglas Murray, proponendogli l'acquisto di un prezioso reperto. Si tratta di un sarcofago rinvenuto nel tempio di Ammon-Ra, appartenente a una principessa vissuta a Tebe attorno al 1600 a.C., le cui fattezze sono raffigurate all’esterno in smalto e oro. Murray non si lascia sfuggire l'occasione e stacca subito un assegno all'americano, il quale però non arriverà mai a incassarlo: morirà infatti quella sera stessa.
Mentre Murray prende accordi perché il sarcofago venga spedito nella sua casa di Londra, un altro egittologo lo mette al corrente della sinistra storia legata a quel reperto: la principessa di Ammon-Ra, conosciuta per la sua dedizione al culto dei morti, aveva fatto raffigurare sulle pareti del sarcofago una maledizione che avrebbe colpito chi avesse profanato le sue spoglie.
Murray si fa però beffe di quella che considera solo una superstizione. Almeno fino a tre giorni dopo, quando durante una battuta di caccia lungo il Nilo, un fucile gli esplode misteriosamente in mano. Dopo una settimana di atroci sofferenze in ospedale, il braccio gli deve venire amputato all'altezza del gomito.
Questo non sarà che l'inizio. Durante il suo viaggio di ritorno in Gran Bretagna, due suoi amici muoiono per cause ignote e i due domestici egiziani che avevano trasportato la mummia fanno la stessa fine nel giro di un anno.
Alla fine Murray decide di disfarsi del sarcofago, ma una sua amica lo convince invece a fargliene dono. Nelle settimane successive, la madre della donna muore, lei viene abbandonata dal fidanzato e in seguito viene colpita da una sconosciuta malattia da deperimento. Alla fine lascia come disposizione testamentaria che il sarcofago ritorni a Murray, il quale, ormai malridotto, non ne vuole più sapere e lo dona al British Museum.
Ma anche qui, il sarcofago acquista un'oscura fama. Un fotografo che ne aveva scattato alcune foto muore sul colpo, mentre l’egittologo responsabile del reperto viene trovato morto nel suo letto.
A questo punto gli amministratori del museo si riuniscono in segreto, votando all'unanimità di liberarsi di quel sarcofago maledetto, che ovunque andasse portava con sé la morte. Decidono di spedirlo via mare a un museo di New York, che aveva accettato il dono a patto che la consegna avvenisse senza troppa pubblicità e con un mezzo fra i più sicuri. Siamo nel 1912. Il sarcofago non raggiungerà mai New York, perché si trovava nella stiva del Titanic quando affondò.
Ma dall’esame dei documenti d’imbarco non risulta la presenza a bordo di un sarcofago.
E con questo post, cari mostriciattoli, giunge a conclusione la Prima Stagione di Ore d’Orrore. Vi ringrazio per l’affetto dimostrato e non temete: se tutto va come deve andare, ci rivedremo presto per la [eventuale, ndr] Seconda Stagione, sempre qui su The Obsidian Mirror. Nel frattempo (e sulla fiducia) vi invito a votare i vostri antagonisti prediletti. Io nel frattempo prendo congedo, anche perché stasera c’è luna piena...
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