Orfani #11 – gli eroi di Roberto Recchioni muoiono soli

Creato il 18 agosto 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Da War Pigs a questo numero: Roberto Recchioni sceglie di affidarsi a un countdown in vite umane per scandire i rintocchi finali della prima stagione di Orfani. Ma non è solo eliminazione fisica: è la fine della parabola anti eroica iniziata col primo volume.
Nel 2002 Manuel Agnelli degli Afterhours cantava “pensi di avere un credo, poi lo adatti a quello che sei”1. Verrebbe da dire che qui la faccenda è simile: ogni personaggio recita la propria parte seguendo le parole che gli sono state messe in testa dal mondo intorno, e che ha lasciato germinare nel terreno del proprio substrato emotivo. Non si sfugge a se stessi.


Ci sono l’addestramento e l’omologazione, le regole come imperativo, che rimangono radicate in Jonas, nonostante tutto. C’è Ringo e il suo rifiuto dell’ordine imposto, la sua morale che non ammette mediazioni, si fregia di non adottare strategie e di conseguenza prende le strade più dirette e più sbagliate per portare avanti i propri ideali. C’è l’odio di Juno, che è rimasto acquattato fin dalla morte di suo fratello e non ha smesso di corrompere tutto il resto, al di là della ragionevolezza e degli affetti. Nessuno dei tre superstiti è un cavaliere senza macchia: sono tutti dei don Chisciotte deviati, che si lanciano contro i propri mulini a vento.


Roberto Recchioni, al di là degli strati scintillanti della fantascienza avventurosa, oltre il lessico da block buster americano con cui ama condire le proprie scene, ci parla di esseri umani che, come tanti, forse lottano per migliorare se stessi, ma a conti fatti soccombono, o meglio, cadono.
Tutti giù per terra segue questa caduta, metaforica ma anche tremendamente reale, concentrandosi sulla seconda coppia del gruppo, quella meno empatica, e dedicandole un trattamento sorprendentemente analogo alla coppia simpatica, i Ringo e Sam di Cuori sull’abisso.
Per dirla con il De Andrè citato nelle ultime pagine: “quando si muore si muore soli”. Non c’è confronto reale, fra i burattini di questa storia: nessuno riesce davvero a cambiare nessun altro. Le reclute possono combattere insieme e illudersi di vivere insieme, ma si scoprono sole nell’istante finale.


Ma parliamo delle due linee temporali: il gruppo da giovane si ritrova a testare un dispositivo in grado di rendere sopportabile il viaggio nello spazio con l’accelerazione EPR. La prova, a cui si sottopone Juno, si trasforma in un’allucinazione letale che la vede confrontarsi con il suo defunto fratello Hector. Prevale un ritmo lento, con dialoghi che assomigliano a scambi di slogan fra i protagonisti.
Nel presente: Jonas cerca di impedire che i due Orfani ribelli attivino i motori EPR della nave di cui hanno preso possesso, mentre la Juric scatena su di loro il resto della flotta. Siamo in pieno Battlestar Galactica, con la frenesia della battaglia che fa da contraltare alla partita a scacchi nell’astronave. Poi la situazione precipita, concludendosi nella maniera più drammatica e più coerente con l’etica disperata e cattiva della serie.

Ai disegni: Werther Dell’Edera rende il passato con le sue fisionomie dai bordi scabri e la caratteristica economia di dettagli, che non sacrifica inquadrature sempre interessanti. L’espressività intensa dei suoi personaggi ricorda in più di un momento Carlo Ambrosini, mentre le splendide sequenze dinamiche nei momenti onirici strizzano l’occhio nel modo migliore ai manga, grazie a giustificate linee cinetiche e a un’efficace distorsione di volti e scenari. I colori di Giovanna Nigro si adattano bene al lavoro di Dell’Edera, disponendosi secondo sfumature degli stessi cromatismi: i blu per la realtà, i gialli nella distesa di grano in cui si muove don Chisciotte, i rossi per la foresta teatro dello scontro con Hector.

A Gigi Cavenago, coadiuvato per la colorazione da Alessia Pastorello, toccano i corridoi dell’astronave e la battaglia nello spazio, resi entrambi spingendo sulla profondità prospettica, mentre le tonalità si diversificano rispetto alla prima parte, riempiendo le tavole di colori accesi che si sposano con le ambientazioni sintetiche. I volti e le fisionomie, resi in linee più pulite rispetto a Dell’Edera, fanno pensare a tratti a Ferdinando Tacconi. Per gli amanti della “lettura veloce alla Recchioni”, la sequenza dell’accelerazione verso la Terra regala 14 tavole (quasi) mute che abbandonano progressivamente i tratti neri e vanno verso una spettacolare computer grafica che ricorda da vicino l’approccio visivo di Massimo Carnevale. Difficile scorrerle senza soffermarsi ad ammirarle.

Insomma: in queste pagine c’è passione, c’è sense of wonder e c’è una storia consapevole di se stessa e dei propri meccanismi. Ovvio, attendiamo il capitolo finale per capire dove davvero vuole arrivare. Ma per ora è stata una bella cavalcata.

Abbiamo parlato di:
Orfani #11 – Tutti giù per terra
Roberto Recchioni, Werther Dell’Edera, Gigi Cavenago
Sergio Bonelli Editore, agosto 2014
98 pagine, brossurato, colore – 4,50 €


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