Magazine Cinema
Roger è un produttore cinematografico, vive ancora con la governante della sua famiglia che lo ha accudito fin dai primi anni della sua vita. Quando però le condizioni di salute della donna si aggraveranno i due saranno costretti a separarsi.
Poche parole questa volta perché "A simple life" richiede un'immediata visione più che una radiografia scritta o un qualsiasi tipo di approfondimento, digressione o revisione. Rievocandolo riesco solo a comunicare le calde e avvolgenti sensazioni di una seconda visione appena avvenuta.
La delicatezza estrema, rigorosa ma commovente, straziante ma semplice, del volto, delle parole, del corpo di Deannie Yip. La grazia e la forza di una vita dedicata all’altro, la cura e l'amore per una famiglia e il rapporto materno con il personaggio di Andy Lau. Più che i singoli momenti sono le emozioni a penetrare e a perturbare nel cuore dello spettatore. Non c’è patetismo né retorica né traccia di ruffianeria in questo bellissimo film di Ann Hui, che si concede come un dono in tutta la sua scevra genuinità, in tutta la sua sincera, sentita compostezza. Un rigore ancora prima che attoriale registico: una macchina discreta, ora timida e riguardosa, ora elegiaca e timorosa, sempre attenta a non essere fuori posto, a rispettare l’intimità e la solitudine, a non muoversi troppo e a svelare (solo) quel che si può. Cinema morale prima di tutto. Un tuffo al cuore come una di quelle straordinarie foto sbiadite nell’album di ricordi della nostra vita. L'amore, l'affezione, la cura vengono liberate da qualsiasi ipotesi concettuale per tornare alla loro autentica semplicità. E' un tipo di cinema che emana delicatezza da ogni inquadratura e riporta in auge la questione morale dello sguardo: ogni raro movimento di macchina ha una sua precisa motivazione etica, come affermava Rossellini. E nella bulimia di immagini e di sguardi irresponsabili ed onnipresenti che contraddistinguono la contemporaneità l'esempio di Ann Hui è una perla preziosa che brilla vitale perché non conforme. Perla che ancora si preoccupa del gesto, dell'affinità, del sentimento e di un'umanità che sembrava ormai sorpassata.
post scriptum: godibilissimi i camei di Tsui Hark e Sammo Hung nella parentesi meta-cinematografica.
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