Matteo Orfini ha le idee chiare e un'idea imbattibile per rilanciare il Pd.E ha deciso di anticiparle al Foglio. Il progetto, condiviso da Andrea Orlando e Stefano Fassina, è quello di un partito più socialdemocratico, meno incline al centrismo, vicino alle posizioni di Hollande. Qualunque cosa ciò significhi, visto che per ora del progetto non c'è traccia pubblica. E per questo, è inutile discuterne.Ciò che colpisce è però che per caratterizzare tale progetto Orfini non possa evitare di interpretarlo come uno "scordatevi il Lingotto". Questo fa pensare. Matteo Orfini è il responsabile Cultura del Pd. Soprattutto, è uno che parla, veste, si atteggia, pensa come Massimo D'Alema. (Questo non è un argumentum ad hominem. Questo è il cuore della questione.)L'invito a dimenticare il Lingotto fa pensare che lo spirito di quel famoso discorso dell'Uòlter aleggi ancora sulle acque.Vorrei dire ad Orfini che non è così. Non è così da quando Bersani ha vinto le primarie del 2009 - no, dalle dimissioni di Veltroni - no, dalla manifestazione romana dell'autunno 2008 - no, dalla sconfitta alle elezioni dello stesso anno e dall'ultima vittoria di Berlusconi.Lo spirito del Lingotto ha illuminato per poco tempo la vita di quel Partito prima della sua costituzione e nei primi passi della stessa. È stato uno spirito che ha convinto molti elettori, ma che ha sempre - e lo si è visto fin troppo - lasciato perplessa una parte rilevante del gruppo dirigente. Che forse non l'ha mai capito e forse non ha mai voluto capirlo, se, come accade oggi, l'epigono di D'Alema lo derubrica al tentativo di diventare un Udc sotto mentite spoglie.Comunque si consideri quel tentativo veltroniano, quel tentativo è finito. Qualcuno forse tiene ancora in piedi quell'aspirazione. Ma sta di fatto che il discorso del Lingotto risale al giugno 2007.Dopo ci sono stati la caduta del Prodi II, la sconfitta del Pd alle elezioni, il Berlusconi IV, la segreteria Franceschini, la crisi, la morte di Michael Jackson, la segreteria Bersani, la morte di Mike Bongiorno, l'"incredibile postribolo televisivo", la Caduta, il governo Monti, la morte di Witney Houston.Siamo orfani di molte cose, di molte persone. Molti del fatto che ci fu quel discorso si sono pure dimenticati. Per fortuna c'è Orfini a ricordarci che il tempo non passa.Siamo ancora alla Fgci romana degli anni Settanta, al Veltroni contro D'Alema di sempre.Che ventata di freschezza, dunque, in questo progetto. Matteo Orfini ha le idee chiare e un'idea imbattibile per rilanciare il Pd.E ha deciso di anticiparle al Foglio. Lo stesso giornale su cui, tanti anni fa, Michele Salvati si augurava la nascita del Partito Democratico. Mise una clausola: tenere fuori D'Alema.
Matteo Orfini ha le idee chiare e un'idea imbattibile per rilanciare il Pd.E ha deciso di anticiparle al Foglio. Il progetto, condiviso da Andrea Orlando e Stefano Fassina, è quello di un partito più socialdemocratico, meno incline al centrismo, vicino alle posizioni di Hollande. Qualunque cosa ciò significhi, visto che per ora del progetto non c'è traccia pubblica. E per questo, è inutile discuterne.Ciò che colpisce è però che per caratterizzare tale progetto Orfini non possa evitare di interpretarlo come uno "scordatevi il Lingotto". Questo fa pensare. Matteo Orfini è il responsabile Cultura del Pd. Soprattutto, è uno che parla, veste, si atteggia, pensa come Massimo D'Alema. (Questo non è un argumentum ad hominem. Questo è il cuore della questione.)L'invito a dimenticare il Lingotto fa pensare che lo spirito di quel famoso discorso dell'Uòlter aleggi ancora sulle acque.Vorrei dire ad Orfini che non è così. Non è così da quando Bersani ha vinto le primarie del 2009 - no, dalle dimissioni di Veltroni - no, dalla manifestazione romana dell'autunno 2008 - no, dalla sconfitta alle elezioni dello stesso anno e dall'ultima vittoria di Berlusconi.Lo spirito del Lingotto ha illuminato per poco tempo la vita di quel Partito prima della sua costituzione e nei primi passi della stessa. È stato uno spirito che ha convinto molti elettori, ma che ha sempre - e lo si è visto fin troppo - lasciato perplessa una parte rilevante del gruppo dirigente. Che forse non l'ha mai capito e forse non ha mai voluto capirlo, se, come accade oggi, l'epigono di D'Alema lo derubrica al tentativo di diventare un Udc sotto mentite spoglie.Comunque si consideri quel tentativo veltroniano, quel tentativo è finito. Qualcuno forse tiene ancora in piedi quell'aspirazione. Ma sta di fatto che il discorso del Lingotto risale al giugno 2007.Dopo ci sono stati la caduta del Prodi II, la sconfitta del Pd alle elezioni, il Berlusconi IV, la segreteria Franceschini, la crisi, la morte di Michael Jackson, la segreteria Bersani, la morte di Mike Bongiorno, l'"incredibile postribolo televisivo", la Caduta, il governo Monti, la morte di Witney Houston.Siamo orfani di molte cose, di molte persone. Molti del fatto che ci fu quel discorso si sono pure dimenticati. Per fortuna c'è Orfini a ricordarci che il tempo non passa.Siamo ancora alla Fgci romana degli anni Settanta, al Veltroni contro D'Alema di sempre.Che ventata di freschezza, dunque, in questo progetto. Matteo Orfini ha le idee chiare e un'idea imbattibile per rilanciare il Pd.E ha deciso di anticiparle al Foglio. Lo stesso giornale su cui, tanti anni fa, Michele Salvati si augurava la nascita del Partito Democratico. Mise una clausola: tenere fuori D'Alema.
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