Gli Organ sono cosanguinei dei Tears|Before (ormai sciolti da qualche anno), ma il loro sound non è quel melting pot di noise e postcore che caratterizzava la proposta di questi ultimi, anzi, sarebbe persino difficile stabilire un qualche nesso tra le due realtà. Gli Organ, infatti, prendono a piene mani l’immaginario oscuro caro a Electric Wizard, Ramesses, Uncle Acid And The Deadbeats, Om e via di questo passo, mutuando da loro anche la passione per i riff sulfurei di origine settantiana e il basso pulsante e distorto (in poche parole la matrice doom più ancestrale) per creare un lavoro ricco di atmosfera e costruito su autentiche spirali di suono. Tolta di torno ogni pretesa di originalità, insomma, ciò che impressiona è la dimestichezza con la materia trattata, per non parlare di un songwriting solido che si dimostra frutto di personalità forti e non fa minimamente pensare che questo sia un debutto. Tetro è, infatti, un viaggio lisergico che conduce l’ascoltatore all’interno di un mondo buio, a stento illuminato dalla traballante fiamma di una candela, quasi ci si addentrasse sempre più nelle umide segrete di qualche antica costruzione. Il fatto di giocare a carte scoperte circa i propri punti di riferimento e le proprie intenzioni rende molto più facile stare al gioco e lasciarsi avvolgere dal mood creato ad arte dai quattro musicisti, un vero parco a giochi tematico per adepti del culto di Ossian. Ciascuna delle tracce presenti offre inoltre una propria sfumatura di buio e rende il tragitto meritevole di essere percorso fino in fondo, proprio perché la natura monolitica del suono prescelto si stempera e assume diversi umori e intensità, un dettaglio non secondario quando si utilizzano ingredienti “stagionati”. Proprio per questo non possiamo che consigliarne l’ascolto agli amanti del genere.
Dischi 2015, autoproduzioni, organMagazine Musica
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