“La stampa fa schifo”, si lamenta oggi Beppe Grillo e ha pienamente ragione. La maggioranza dei giornalisti, la vera Casta (molto più che quella politica) oggi sono burattini in mano al potente editore ed è paradossale che ci periodicamente ci scrivano i blogger del “Fatto Quotidiano”, quando denunciamo le loro campagne denigratorie contro lo scomdo cattolico di turno, giurando e scongiurando di essere indipendenti dalla linea editoriale del quotidiano.
Gli scribacchini dovrebbero avere in redazione una foto di Oriana Fallaci, lei sì che non aveva paura di andare contro al politicamente corretto. Con i suoi scritti, «con le sue micidiali e irriverenti interviste ha spogliato il potere dei suoi paramenti e offrendo pubblico spettacolo delle sue debolezze» scrive oggi Umberto Cecchi, nel suo ricordo dell’amica Oriana (Oriana Fallaci. Cercami dov’è il dolore, Polistampa 2013).
Oriana era antipatica perché pestava i piedi ai potenti e ai sacri mostri dell’intellighentia italiana, come Dario Fo (che chiamava «un vecchio giullare della repubblica di Salò»), per questo pochissima gente si è recata al suo funerale nel 2006, per questo le è stato negato il Fiorino d’oro negato. Per questo scese in campo Sabrina Guzzanti per ironizzare sul cancro che divorò la scrittrice toscana e lei la asfaltò: «Giovanotta, essendo una persona civile io le auguro che il cancro non le venga mai. Così non ha bisogno di quell’esperienza per capire che sul cancro non si può scherzare. Quanto alla guerra che lei ha visto soltanto al cinematografo, per odiarla non ho certo bisogno del suo presunto pacifismo. Infatti la conosco fin da ragazzina quando insieme ai miei genitori combattevo per dare a lei e ai suoi compari la libertà di cui vi approfittate».
Cresciuta da genitori militanti di Giustizia e Libertà, un movimento nato nel 1929 che lottava contro il fascismo e per una società laica e secolarizzata, nel suo “La Rabbia e l’Orgoglio” (2001) ha scritto: «Io sono atea, graziaddio (…) Se un Papa e un’atea dicono la stessa cosa, in quella cosa dev’esserci qualcosa di tremendamente vero». Eppure ha sempre lottato per le radici cristiane, contro la resa incondizionata della nostra fede e cultura occidentale di fronte a qualsiasi altra fede o cultura. Nel caso specifico di Oriana erano la fede e la cultura islamica, quella fondamentalista.
Negli ultimi anni della sua vita si è avvicinata alla Chiesa cattolica, tramite l’amicizia personale con mons. Rino Fisichella e il cardinale Joseph Ratzinger. Divenne una paladina dei principi non negoziabili sui temi etici come aborto, eutanasia e matrimonio omosessuale (si vedano in particolare gli scritti nel bienno 2004-2006). Molto amica del popolo ebraico in una telefonata al vaticanista Luigi Accattoli ha detto: «Ho amato così tanto la vita da non potermi non definire cristiana».
Il suo amico Ratzinger spronava chi non crede in Dio a «provare a vivere come se Dio esistesse». Negli ultimi tempi Oriana ha confidato di riflettere spesso su quelle parole. E probabilmente si è accorta di aver accettato, da tempo, questa scommessa.
La redazione