Omnipresent ha tutto ciò che rende un disco di technical death metal (quanto le odio ‘ste classificazioni da psicotici) degno di essere ascoltato, ovvero: tecnica in giuste dosi, zero ridondanza, zero sfoggi di abilità fini a se stessi, produzione curata il giusto (il trigger è come il sale, un po’ va bene ma se esageri vomiti) e, soprattutto, I RIFF. Non mi stancherò mai di ribadire quanto questo concetto sia importante e sopravvalutato. Prendete i Bolt Thrower, compongono lo stesso disco da più di vent’anni ma ogni volta è una goduria, perché le canzoni ti si stampano in testa. È un principio questo che pare sfuggire di mente a molte band che fanno della tecnica il proprio cavallo di battaglia: ti sciorinano sedicimila scale in trenta secondi ma quando si tratta di scrivere una canzone che sia capace di stamparsi in testa all’ascoltatore cadono in preda al panico e si mettono a rimestare gli appunti del conservatorio cercando di capire dove abbiano sbagliato. Sarà l’esperienza, sarà la cazzimma (o come si dice dalle mie parti, il soramànego) fatto sta che gli Origin in questo meccanismo non ci sono cascati e Omnipresent si rivela un discone dall’inizio alla fine capace di equilibrare al meglio tutti gli elementi giusti: composizione attenta, cattiveria, atmosfera e tecnica pura. Prendano nota le miriadi di band che fanno dell’onanismo musicale la propria ragion d’essere.