Magazine Cultura
di Pierluigi Montalbano
L’area dei paesi prospicienti il Mediterraneo, è stata sin dall’antichità estremamente importante come sorgente di tutta una serie di materie prime oggetto di coltivazione mineraria, che sono state una delle basi di sviluppo delle civiltà. La storia delle miniere coincide con la storia delle civiltà umane, non solo nell’area dei paesi che si affacciano direttamente sul Mediterraneo, ma anche di quelli che con questi commerciavano, consentendone lo sviluppo sia economico che politico e culturale.
La disponibilità delle risorse minerarie è stata una delle prime motivazioni dei commerci e delle migrazioni dei popoli, in particolare da quando iniziò l’età dei metalli, la cui utilizzazione è stata il motore dell’incremento delle tecnologie e delle conoscenze sui materiali. È per questa ragione che i cosiddetti studi sulle “provenienze” rappresentano una delle più diffuse applicazioni delle scienze all’archeologia.
Per quello che riguarda i metalli, tali studi non sono di estrema semplicità, dal momento che mineralizzazioni fonti di materie prime, anche geograficamente lontane tra di loro, possono presentarsi non solo di aspetto simile, ma esserlo anche dal punto di vista mineralogico e geochimico. Inoltre, al fatto che alcune delle loro caratteristiche possono cambiare durante il processo di fabbricazione, cioè nel passaggio da materie prime a manufatti, si deve aggiungere anche la necessità che avevano molti popoli alla miscelazione di metalli non solo di diversa natura per la composizione delle leghe, (come rame e stagno per produrre il bronzo), ma anche dello stesso tipo per riciclare ad altro uso degli oggetti non più utilizzabili.
Esempi abbastanza frequenti sono stati osservati non solo nella fabbricazione di gioielli da metalli nobili ma anche per oggetti di uso quotidiano, come nel caso delle tubature dell’acquedotto di Pompei, in cui è stato rinvenuto piombo dalle provenienze più disparate, probabilmente rifuso da altri oggetti reperiti in loco.
Nell’intraprendere la descrizione delle risorse minerarie del bacino del Mediterraneo, è importante comunque effettuare una prima distinzione, e cioè tra risorse minerarie come vengono considerate oggi, e risorse minerarie che potevano essere considerate e sfruttate dagli antichi. Questa distinzione è assolutamente cruciale per qualsiasi si studio sulle provenienze, dal momento che non deve essere considerato solo il metallo in sé stesso, ma il suo modo di presentarsi, la sua reperibilità e la facilità di coltivazione ed estrazione.
Un esempio banale della differenza tra le risorse minerarie dell’antichità e quelle della civiltà moderna, è dato dai depositi a bauxite, che venivano coltivati nei calcari Cretacici in Italia, Francia Grecia e Ungheria. Tali depositi sono costituiti da concentrazioni di idrossidi di alluminio, associati ad ossidi e idrossidi di ferro, di origine lateritica ma deposti in cavità carsiche. Tali mineralizzazioni, essendo basate su di un metallo, quale l’alluminio, che era sconosciuto agli antichi, fino agli inizi del Novecento non avevano alcun valore, se non dove la loro percentuale in ferro era estremamente alta.
In tal caso venivano coltivati per quest’ultimo metallo. Un altro esempio, ma che richiede una discussione ben più articolata, è quello dell’oro. I paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo non sono stati mai considerati grandi produttori di oro, tranne l’Egitto, la Spagna e limitate aree dei Balcani.
In effetti, con rare eccezioni dovute alla localizzazione di vene aurifere a bassa profondità, l’oro coltivato dagli antichi era costituito soprattutto da concentrazioni in placers eluviali o alluvionali recenti, (fiumi a valle delle mineralizzazioni filoniane Alpine), o fossili, (Asturie). Negli ultimi venti anni, invece, sono state rinvenute in varie zone dell’Europa meridionale, quali la Romania o la Sardegna, una serie di nuove mineralizzazioni aurifere, nella maggior parte delle quali il metallo si presenta in forma disseminata nella roccia incassante, e quindi di difficile reperibilità, sfruttamento e lavorazione da parte degli antichi prospettori e metallurgisti.
Per quello che riguarda il rame, uno dei metalli di maggiore utilizzazione nell’antichità, una parte dei problemi di reperimento, coltivazione ed estrazione del metallo, sono simili a quelli dell’oro. Come è noto, le maggiori concentrazioni economiche di rame nell’antichità erano presenti soprattutto nelle zone di Cipro, ma anche associate a mineralizzazioni idrotermali dell’Italia peninsulare e della Sardegna.
Un problema a parte, ancora oggi estremamente dibattuto e non completamente risolto da parte sia degli archeologi che dei giacimentologi, è l’eventuale presenza di quantità economiche, nelle aree prospicienti il Mediterraneo, di minerali di stagno, che rappresenta l’altra componente necessaria alla fabbricazione del bronzo. Stagno è comunque presente nell’intorno di Spagna e Portogallo, oltre che nei già ben noti distretti della Bretagna e della Cornovaglia. La presenza di stagno in Toscana, (mineralizzazioni di Monte Valerio) ed in Sardegna è comunque estremamente limitata per consentire estrazioni continuate nel tempo e finalizzate alla produzione di grandi quantità di bronzo.
Per quello che riguarda l’argento, ed il suo sottoprodotto il piombo, non ci sono particolari differenze, se non nelle quantità e nei tenori, tra le mineralizzazioni di entrambi i metalli sfruttate nell’antichità ed in tempi recenti. I tipi più noti di mineralizzazioni sono i giacimenti rinvenuti in Sardegna, Toscana, Alpi orientali, Penisola Iberica, Francia ed Anatolia. Una gran parte delle risorse di detti metalli, sfruttate almeno dal 1000 a.C., si rinveniva anche in diverse aree della Grecia: sia nell’arcipelago Egeo che nelle miniere del Laurium, in prossimità della città di Atene. Nella maggior parte dei casi si tratta di concentrazioni di galena argentifera a basso tenore.
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