Dopo tredici anni si tornerà ad estrarre oro dal sottosuolo della Repubblica Dominicana.
La notizia è stata data dal governo e dal portavoce del consorzio canadese, formato dalla
Barrick Gold e dalla Goldcorp Inc., che si occuperà delle operazioni. Pueblo Viejo tornerà
a rivivere e con essa i fantasmi di uno sfruttamento antico come il Nuovo mondo. È nel
1505, infatti, che comincia la storia di questa miniera la cui iniziale fortuna durò poco:
dieci anni più tardi tutti gli indios mandati nelle sue viscere ad estrarre oro, erano morti.
La mancanza di manodopera costrinse gli Spagnoli a cercare altrove sia il metallo prezioso
che gli indigeni da sfruttare.
A trovare le testimonianze di quella tragedia furono i geologi italiani chiamati quattro
secoli dopo dal dittatore Rafael Trujillo per verificare le condizioni della miniera. I loro
scheletri vennero ritrovati tra i cunicoli, rivelando le condizioni di schiavitù alle quali erano
sottomessi i primi indigeni che vennero in contatto con il mondo occidentale. Trujillo
voleva l’oro e gli italiani glielo trovarono, inventando anche un metodo particolare per
separare le pepite dai materiali solforosi nelle quali erano avvolte. Caduto Trujillo, fu la
Rosario Dominicana ad occuparsi dell’estrazione e fece un disastro senza precedenti.
Mercurio, arsenico, acidi, metalli pesanti, cadmio hanno letteralmente tinto di rosso le
acque dei fiumi, che continuano ad essere ancora oggi inquinate e prive di ogni segno
di vita. Pueblo Viejo, che si trova nella provincia Sánchez Ramírez, ad un centinaio di
chilometri in direzione nord-ovest dalla capitale Santo Domingo, venne chiuso tredici anni
fa per il disastro ambientale che aveva causato durante gli anni.
Ciononostante, tre anni dopo la chiusura, il governo firmava un polemico contratto
di affitto delle installazioni con la Placer Dome, per un tempo di venticinque anni,
prorogabile fino a settantacinque. Nel 2006 l’azienda ha ceduto i suoi diritti alla Barrick
Gold che, formato il consorzio, ha ristabilito l’intera infrastruttura di quella che è
considerata la più importante miniera d’oro del mondo. Secondo l’azienda, da allora,
è stata avviata una procedura di pulizia e depurazione dell’ambiente circostante le
installazioni, costata 75 milioni di dollari, ma che non è ancora riuscita a riportare i fiumi al
loro stato originale.

quale conta di estrarre un milione di once all’anno del metallo prezioso, scatenando
la protesta degli ambientalisti, che si oppongono ai lavori, considerati una minaccia
per l’ambiente e per gli abitanti del luogo. Nella miniera, infatti, verranno trattate 24
tonnellate di cianuro al giorno, sufficienti per generare una contaminazione irreversibile
delle fonti d’acqua della regione.
Il governo dominicano, che ha appoggiato l’intera l’operazione, riceverà un compenso pari
al 2% del Prodotto interno lordo, quantificabile secondo gli esperti in circa 10.000 milioni
di dollari per l’intera durata del progetto, che dovrebbe durare venticinque anni. Anche in
questo caso la misura è stata fortemente criticata dai gruppi ambientalisti, che ritengono
completamente inadeguato il costo imposto al consorzio in relazione al suo abbondante
uso delle acque che rischia di lasciare gli abitanti della zona privi della risorsa idrica.
L’associazione ambientalista Movimiento de Tierra avvisa dei pericoli che corre la
Repubblica Dominicana nell’abbracciare l’industria estrattiva metallurgica, un’attività
quasi inesistente negli stessi Stati Uniti, dove è ritenuta altamente inquinante per la
stretta dipendenza dai materiali nocivi che ne compongono il processo. Il rischio è ancora
più alto in un paese dove la legislazione ambientale è carente e dove gli interessi in
gioco sono tali da poter insabbiare ogni irregolarità. L’allarme è comune a tutti i gruppi
ecologisti, che ricordano come le risorse naturali della Repubblica Dominicana, trattandosi
di un’isola, sono estremamente fragili e limitate. Basti come esempio l’esperienza dei
vicini haitiani, che dopo aver saccheggiato legname dai loro boschi per fini di combustibile,
hanno distrutto l’ecosistema boscoso, trovandosi oggi a vivere in un paese brullo e
desolato.
I funzionari governativi sono però schierati apertamente con il consorzio canadese. Oltre
alla fiducia sui metodi di lavoro che si utilizeranno a Pueblo Viejo, dal Ministero per
l’energia ritengono che l’intera operazione non può essere che beneficiosa per il Paese,
a cominciare dalle opportunità di lavoro che si presentano agli abitanti della zona. La
miniera occuperà infatti duemila lavoratori, che il consorzio pensa di incrementare con
gli anni fino a raggiungere la cifra di diecimila unità. L’entusiasmo a Palazzo di governo è
tale che si prevede che l’attività estrattiva si trasformi in pochi anni nell’industria trainante
dell’economia della Repubblica Dominicana, soppiantando quella turistica.
Secondo le intenzioni del consorzio, da Pueblo Viejo si estrarranno, oltre all’oro, anche
argento, rame e nichel.