Una giornata scandita via via dalle notizie della tragedia di Lampedusa. Nel cuore della notte, l’ennesima imbarcazione di disperati, con l’ennesimo scafista criminale, si è rovescaiata a poche centinaia di metri dalla riva.
La salvezza è solo per chi sa nuotare, gli altri diventano il numero della strage. I corpi ritrovati sono di più di quelli vivi. L’imbarcazione conteneva, stipati, oltre cinquecento persone.
Quel che è successo è particolarmente terribile, perchè a provocare il panico è stato un piccolo fuoco, acceso per richiamare l’attenzione. Qualcuno a bordo infiamma, forse una coperta, poi la paura, le persone si agitano e la barca si rovescia. Un’apocalisse. Le vittime ritrovate non hanno ustioni, tutte annegate. Gli uomini si sono buttati in mare, le donne e i bambini, sono rimasti a bordo dell’imbarcazione che si è inabissata.Nel relitto trovato dai sommozzatori, decine e decine i corpi. Sono le donne, in questa immane tragedia che pagano lo scotto più alto. Donne già poco considerate. Violentate continuamente, sotto gli occhi dei propri, figli. Rinnegate perchè stuprate. Disperate, si sacrificano, sopportando tutto, per il futuro dei loro piccoli, perchè a loro il destino riservi una chance migliore. Partiti dalla Libia e forse abbandonati durante la traversata da una nave più grande. Trasferiti su un barcone di legno malridotto. E ora l’orrore infinito.
Lampedusa, città martire dell’immigrazione clandestina, accoglie, ancora una volta, il dramma di coloro che cercano di salvarsi dalla violenza della guerra e dal dolore della fame. Esseri umani che rimangono in viaggio per anni, con l’incognita dell’arrivo. Ammassati, ricattati, senza dignità, torturati, affamati, trattati come merce di scambio.
Un problema che si riversa su di noi e sul nostro modo di concepire l’accoglienza o la sicurezza del nostro pezzettino di benessere conquistato faticosamente. In quella che è considerata la “porta sud dell’Europa” questi disperati arrivano perché l’Italia è il primo approdo, molti vorrebbero andare in altre realtà più floride. La questione tocca e interpella tutta l’Unione europea.
Nelle acque a largo di Lampedusa, nel frattempo, si registra, la strage peggiore fino ad ora vissuta. Centinaia di corpi accertati ma, tanti, troppi, quelli ancora sotto l’imbarcazione.
Tutte le vittime arrivate dai luoghi della disperazione africana.
I primi ad accorgersi dell’ecatombe, sono i pescatori. Sentono le grida. Sono le quattro del mattino. Decine di corpi galleggiano in mare. Lampedusa è vicina, appena mezzo miglio dalla spiaggia. Qui il mare è profondo decine di metri. I vivi annaspano, i morti tanti, trasformano questo piccolo tratto di mare in un cimitero. In acqua restano solo vestiti, poveri resti e corpi.
L’isola di frontiera, li recupera. Ogni corpo dentro un sacco. Un sudario di plastica a cielo aperto. Non ci sono bare sufficienti. Restano lì, adagiati sulla terraferma che stavolta non è stata la salvezza.
Attendono, ancora una volta, che qualcuno decida del loro destino.